Mercoledì 24 Aprile 2024

"Il mio Napoli e l’amore per Diego Che tristezza vederlo morire solo"

L’ex patron della squadra partenopea compie 90 anni domani. "Sono stato un presidente tifoso"

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di Nino Femiani

"La morte di Maradona è stata una sorpresa terribile, è come perdere uno di famiglia. Ma lo sa cosa mi ha sorpreso ancora di più? Che la famiglia lo abbia abbandonato, che sia morto da solo, senza nessun figlio accanto. Inspiegabile che la sua famiglia faccia poco o nulla per chiarire la sua morte. La sua scomparsa è stata dolorosa, ancor di più adesso che emerge il terribile sospetto che sia stato truffato". Corrado Ferlaino compie domani 90 anni, è stato il presidente più longevo del Napoli. Oltre trent’anni al timone del club azzurro, due scudetti e una coppa Uefa, un’epopea durante la quale il "ciuccio" è anche sprofondato in serie B, finendo sull’orlo della bancarotta. Corrado il "presidentissimo", amato e odiato dalla tifoseria, ma sempre rispettato.

Partiamo dall’inizio, ingegnere. Il 18 gennaio 1969 lei ha 38 anni, fa la bella vita, è appassionato di motori, tanto da vincere anche una Targa Florio a bordo di una Ferrari 250 GTO, viaggia con il jet privato, gira tra Capri e Roma. Di colpo decide di mettere le mani sul club. Perché?

"Ero in una cordata con una ventina di soci, tra cui Achille Lauro e Roberto Fiore. Quando morì il presidente Corcione, la moglie volle vendere la sua quota. In quella cordata tutti parlavano e volevano comandare, nessuno tirava fuori una lira. Allora mi presentai dalla vedova Corcione e le staccai un assegno da settanta milioni per il 30% del Napoli. Presi di contropiede tutti i miei soci. Poco dopo diventai il presidente con l’appoggio di Lauro che voleva fare uno sgarbo a Fiore e pensava di potermi plasmare, mi riteneva un pesce piccolo".

Un colpo di testa?

"No, ero davvero appassionato. Una passione che non mi lascia ancora. Ho anche giocato al calcio, al Tennis Vomero, non male, terzino destro. Poi mi hanno squalificato a vita perché aggredii l’arbitro".

Quale fu il suo primo pensiero da presidente?

"Che ero stato un incosciente perché conoscevo il calcio solo da tifoso".

Lei è stato un presidente molto amato, ma le misero anche le bombe sotto casa.

"Questo è una cosa normale per Napoli, succede. Quelle bombe per me furono solo un diversivo".

Cose misteriose, come la perdita dello scudetto del 1988. So che ci rimase molto male, non riusciva a spiegarsi quel flop clamoroso. Adombrava qualcosa?

"Non adombravo nulla, abbiamo perso quello scudetto, punto e basta".

Allora c’era il totonero, potrebbe esserci stata la mano della camorra dietro quella sconfitta?

"Non credo, i giocatori erano onestissimi. Io mi rivolsi subito alla polizia, incontrai il questore che svolse le sue attività. Trovò regolare il crollo del Napoli. Io però dopo quell’anno misi dei premi altissimi e già molto elevati erano gli stipendi dei calciatori. Per il secondo scudetto mi rovinai".

Torniamo a Maradona. Lo considerava una sorta di intoccabile come sono oggi Messi o Ronaldo?

"Maradona era un grande giocatore di calcio, ma con lui avevo un rapporto come con gli altri calciatori. Nessuna preferenza, i giocatori bisogna trattarli tutti allo stesso modo, altrimenti si scatenano gelosie".

Diego però considerava lei una sorta di carceriere. Perché?

"Perché io volevo tenerlo a ogni costo nel Napoli, bloccando il corteggiamento milionario del Marsiglia. Non volli mai cedere il suo cartellino, ma non credo che davvero mi considerasse il suo carceriere, dopotutto nel Napoli stava bene. Magari era solo una battuta".

C’è un calciatore al quale è restato particolarmente legato?

"Molte volte a Natale andavo a Rio de Janeiro, incontravo Careca e Alemao e andavamo a pranzo. Careca è uno dei calciatori più simpatici che ho mai conosciuto, Alemao è il più religioso, con lui si parla di Cristo, è un uomo molto profondo, è bello stare a parlare con lui".

Alemao, l’uomo della monetina, a Milano lo ricordano ancora.

"Mi fa piacere che siano ancora arrabbiati".

È vero che difese Ottavio Bianchi dai calciatori che chiedevano la sua testa?

"Sì, non solo lo riconfermai, ma feci piazza pulita dei caporioni. È la società che sceglie gli allenatori, non i calciatori".

Non come oggi.

"Chi lo fa sbaglia. I presidenti devono svolgere il proprio ruolo".

Chi prenderebbe al posto di Gattuso?

"Gattuso".

È vero che più volte le hanno chiesto di candidarsi al Parlamento?

"Sì, più volte, non è un mistero. E io ho sempre risposto: sono il presidente del Napoli, la politica non mi diverte come il calcio".