Il giallo del cadavere sull’Etna. E se fosse di Mauro De Mauro?

La figlia del giornalista scomparso nel nulla il 16 settembre del 1970 ha chiesto l’esame del Dna. Il padre, cronista de “L’Ora“, stava indagando sulla morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei

Mauro De Mauro

Mauro De Mauro

La Procura di Catania, dopo la segnalazione di una figlia di Mauro De Mauro, disporrà un esame comparativo del Dna sui resti umani trovati in una grotta dell’Etna per verificare se siano quelli del giornalista scomparso a Palermo il 16 settembre 1970. Franca De Mauro, una delle due figlie del giornalista, aveva contattato mercoledì la Guardia di finanza di Catania che indaga per risalire all’identità dei resti di un uomo trovato in una grotta alle pendici dell’Etna. Leggendo che i resti scoperti risalirebbero a un periodo compatibile con la scomparsa del padre e che il cadavere presenterebbe malformazioni a naso e bocca, Franca ha segnalato il caso agli inquirenti per dare loro un "input" investigativo.

Come spiegato durante il programma tv "Chi l’ha visto?" il corpo potrebbe appartenere a un uomo di 45-50 anni, intorno alla salma c’erano un pettine con custodia, un cappello di lana con pon-pon, dei pantaloni lunghi scuri, una camicia bianca a righe blu, cintura nera e scarponcini. Accanto ai resti anche un orologio di marca Omega. Oggetti che Franca De Mauro ritiene non appartenessero al padre. Inoltre in una tasca dei pantaloni gli inquirenti hanno ritrovato monete da 100 lire datate 1978. Altro elemento, emerso dalle indagini scientifiche, ha permesso di individuare un pezzetto di giornale accanto alla salma con un necrologio del 15 dicembre 1977.

Mauro De Mauro era una figura unica nel panorama giornalistico italiano e una delle voci più libere. Nato a Foggia, un passato nel partito fascista, si trasferì nel dopoguerra a Palermo insieme al fratello minore Tullio (che poi divenne ministro della Pubblica Istruzione) e collaborò con i giornali siciliani, in particolare L’Ora, di cui divenne una firma di punta. Nel 1962 aveva seguito la morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei e dai primi mesi del 1970 si stava occupando del caso, in seguito all’incarico ricevuto dal regista Francesco Rosi di stendere una bozza di sceneggiatura sull’ultimo viaggio in Sicilia (26-27 ottobre 1962) del fondatore dell’ente petrolifero di Stato, in vista del film "Il caso Mattei", uscito nel 1972 e dove De Mauro viene anche ricordato. Un lavoro che suscitò l’attenzione di petrolieri internazionali e di finanzieri, politici e affaristi in lotta per il controllo del settore chimico e oil-gas italiano. Ma il suo attivismo suscitò anche lo sguardo torvo della mafia che, sulla morte di Mattei, aveva da custodire molti scheletri nell’armadio. Il giornalista venne preso la sera del 16 settembre 1970, mentre rientrava nella sua abitazione di Palermo, in via delle Magnolie.

Alcuni pentiti hanno detto che venne ucciso subito e il corpo "tombato" nella galleria di via Noatarbartolo. Ipotesi mai verificata, di Mauro non si ebbero più notizie. In mezzo secolo, solo false piste, come quella della droga, depistaggi, sparizione di prove e bugie di Stato. Tommaso Buscetta, nel 1994, riferendo confidenze che gli aveva fatto il boss Stefano Bontade, rivelò che De Mauro fu rapito e ucciso perché, "indagando sulla morte di Mattei, stava giungendo vicino alla verità, approfittando anche di canali interni a Cosa Nostra". Bontade e Badalamenti (non Riina che venne infatti assolto) avevano un potere tale da poter organizzare un delitto eccellente senza i corleonesi. Dopo mezzo secolo nessuno è stato mai condannato.