Sembra il casco usato dai palombari, ma permette ai pazienti con grave insufficienza respiratoria, come quelli con la polmonite da Covid-19, di respirare. Il casco è stato inventato e prodotto in Italia e sono quasi solo i rianimatori del nostro paese a utilizzarlo. Uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Jama dimostra che la via italiana al supporto respiratorio non invasivo, con questo casco, può essere vincente nei pazienti con Covid-19, perché riduce del 40% la necessità di ricorrere all’intubazione, rispetto all’ossigenoterapia ad alti flussi, che è considerata il supporto respiratorio ottimale in caso di ipossiemia.
Domenico Luca Grieco e Massimo Antonelli (per il Gruppo di Studio Covid-Icu Gemelli), sono gli autori del lavoro e suggeriscono che il casco potrebbe essere il modo migliore per far respirare questi pazienti, riducendo la necessità di ricorrere all’intubazione e alla ventilazione meccanica invasiva. "Il casco è un approccio tutto italiano. Il suo uso non è frequente all’estero – afferma Grieco, rianimatore presso la Terapia Intensiva del Columbus Covid2 Hospital-Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs –, mentre l’ossigenoterapia ad alti flussi è stata finora considerata il gold standard per questi pazienti".
Lo studio, ricorda Antonelli, direttore dell’Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e Tossicologia clinica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, "è stato finanziato dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva e condotto in collaborazione con l’Ospedale di Rimini e le Università di Ferrara, Chieti e Bologna". Il lavoro è stato condotto tra ottobre 2020 e lo scorso febbraio su 109 pazienti arruolati presso alcune unità di terapia intensiva italiane.
A credere nei caschi sono stati anche cinque imprenditori italiani (Flavio Cattaneo, Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle, Isabella Seragnoli e Alberto Vacchi) che, la scorsa primavera, tramite la loro associazione ’Aiutiamoci’, ne hanno acquistati diverse centinaia, per donarli a varie regioni, tra le quali il Lazio.