Mercoledì 24 Aprile 2024

I Duran Duran e la reunion spezzata. "Andy non è qui, ha un tumore"

Il cantante Simon Le Bon legge commosso dal palco di Los Angeles la lettera di Taylor alla band e ai fan

Una foto dei Duran Duran degli anni d’oro

Una foto dei Duran Duran degli anni d’oro

"Il nostro Andy Taylor ha il cancro". La parola che entra all’improvviso in tante famiglie non risparmia la sua, camaleontica e rissosa ma comunque unita. E dopo cambia tutto, anche per i vecchi ragazzi che hanno creduto di esorcizzare il tempo e le sue conseguenze continuando a cantare. Simon Le Bon è "devastato".

Sopravvissuto contro ogni aspettativa agli anni Ottanta e alla fama di spacciatore di ninnananne per ragazzine isteriche, a 64 anni si trova sul palco del Microsoft Theater di Los Angeles in quella che dovrebbe essere un’occasione lieta: i Duran Duran sono entrati nella Rock And Roll Hall Of Fame, longevi come pochi, altro che boy band. I “fab five“.

Era un’esagerazione pertinente per i cinque sciamannati in abiti sgargianti e make up eretici che hanno venduto oltre cento milioni di dischi e sono usciti quasi sempre vincenti dalla rissa fra gatti con l’altro discusso prodigio di quei giorni, gli Spandau Ballet. La perfetta rappresentazione del "vuoto degli anni Ottanta" per gente schizzinosa (Manuel Agnelli).

Forse davvero più influenti sul taglio di capelli che sulla storia della musica, diventati però fenomeno di pura idolatria grazie a inni generazionali come Wild Boys, Hungry like a wolf, The Reflex, Save a Prayer.

Cinque, tra continui vai e vieni. Tuttavia non ci sono tutti. Manca Warren Cuccurullo, che ha fatto parte della band dal 1989 al 2001. E appunto Andy, ex chitarrista e fondatore della band, perso per strada nel 2006 ma sempre nel cuore. Stavolta non è un disco che salta, un concerto mancato, una litigata. È la vita che si mette storta e finisce per tirarti addosso anche il lavello della cucina.

"Il nostro Andy ha il cancro, sta combattendo da quattro anni". Alla prostata, metastatico, in stadio 4. Simon Le Bon legge la lettera dell’amico promettendo di non piangere e la cerimonia prende un’altra piega: "Per esserci sarei dovuto andare oltre i limiti del mio corpo". La storia di tanti: "Molte famiglie hanno sperimentato questa malattia e naturalmente noi non siamo diversi". Andy è vivo, però non c’è cura.

C’è invece quel limite che fingiamo di non vedere e si chiama vita. "Nonostante gli sforzi immensi della mia squadra – scrive – ho dovuto essere onesto. Fisicamente e mentalmente non ce l’avrei fatta. Ma niente deve sminuire ciò che questa band, con o senza di me, ha raggiunto in 44 anni".

Erano usciti dal grigio delle acciaierie di Birmingham nel 1978 togliendo la consonante finale a Durand Durand, il cattivo del film Barbarella di Roger Vadim del 1968, e restituendo il colore al nero del punk.

"Abbiamo pensato che il nostro scopo fosse quello di unire le persone e tirare loro su il morale – spiegò poi il tastierista Nick Rhodes – Di portare un po’ di gioia nella miseria che ci circonda". Scegliere loro o gli Spandau all’epoca era un test di personalità.

Manuel Agnelli appunto disprezzava ("Stiamo parlando di un gruppo di ragazzi che dava più importanza al parrucchiere che ai contenuti"), ma hanno scritto la storia di una generazione e alla fine sono i primi a sorprendersi per essere entrati nel gotha del rock.

Per strada hanno visto la carneficina della droga e della fama, si sono presi e lasciati, biforcati, riuniti. Fino all’altra sera, quando a decidere chi si ferma e chi va avanti è il destino, come sempre.