Ci sono persone al mondo, poche, che cambiano il corso della storia. Lui, John E. Douglas – l’uomo che sussurra ai serial killer – è una di queste. L’agente Fbi in pensione, oggi 76enne, ha inventato il termine ‘serial killer’ scoprendo negli anni ’70-’80, l’età dell’oro della criminologia in America, che molti delitti erano collegati. Ha dato così il via al profiling dei criminali, per trovare le costanti dietro ogni devianza. Conta migliaia di casi risolti grazie alla sua intuizione rivoluzionaria, oltre a decine di best seller – a cominciare dall’esordio cult Mindhunter da cui è tratta la serie tv Netflix – e ha ispirato la saga di Hannibal Lecter. La sua caccia agli psicopatici si basava su una semplice regola: per capire un killer, bisogna studiarne il metodo. Così iniziò ad andare nelle prigioni a intervistare i peggiori delinquenti del mondo, da Charles Manson a Ed Gain (il killer di Psycho), dal Figlio di Sam a John Wayne Gacy, per farsi raccontare il modus operandi dell’orrore. Quali sono i tratti comuni dei serial killer? "Tutti, senza eccezioni, provengono da una famiglia disfunzionale dove c’è stato un abuso da parte di uno o entrambi i genitori. Sono cresciuti senza amore. Un aspetto ricorrente dei bambini, che poi da adulti sono diventati assassini, è la violenza verso gli animali. In classe sono dirompenti, sono autori o vittime di bullismo. Di solito il primo crimine non è un omicidio, ma un reato legato all’esibizionismo. L’Fbi usa lo schema del ‘triangolo omicida’ tra infanzia e adolescenza: passione per gli incendi, frequenti pipì a letto e violenza sugli animali. Poi i desideri di manipolazione, dominio, controllo". Quanti serial killer sfuggono alla polizia? "In una ricerca fatta negli anni ’80 ho stimato che in circolazione ce n’erano dai 35 ai 50. Più recentemente negli Usa ...
© Riproduzione riservata