Venerdì 26 Aprile 2024

Guerra continua sui diritti di ’O Sole mio L’oro di Napoli divide gli eredi dei musicisti

Una sentenza nel 2002 ha riconosciuto tra gli autori Alfredo Mazzucchi e ha prolungato i compensi ai discendenti fino al 2042 . Ma la battaglia legale sulla canzone portata al successo da Caruso non si placa: in ballo gli arretrati e le copie americane

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di Nino Femiani

La guerra di "’O Sole mio" è diventata più lunga, ingannevole e subdola della guerra di Troia. Ma più che lo stratagemma per espugnare le porte Scee e riprendersi la bella Elena, si è trattato di procurarsi il grimaldello legale per non farsi scippare un tesoretto, una rendita che l’Europa ha voluto anche allungare per premiare la creatività. Il diritto d’autore della celebre "’O Sole mio", portata al successo da Enrico Caruso – ad agosto di quest’anno si celebra il centenario della morte del tenore –, è quello che rende di più, ma la contesa potrebbe essere più ampia e riguardare celeberrime canzoni del repertorio classico napoletano, da "I’ te vurria vasà", a "Torna maggio", a "Maria Marì". E gli eredi degli autori intendono dare battaglia, far valere le loro pretese senza alcuno sconto allo Stato.

"Ma n’atu sole cchiu’ bello, oi ne’. ‘O sole mio sta ‘nfronte a te!". Tutti abbiamo canticchiato l’indimenticabile motivetto. Dell’origine di questi versi musicali si è persa la memoria, così come dei suoi autori: quando si pensa a "’O Sole mio" vengono in mente le memorabili interpretazioni di Caruso, Pavarotti, Bocelli, o l’ancor più celebre versione "made in Usa" di Elvis Presley col titolo di "It’s Now or Never". I nomi di Giovanni Capurro, l’autore dei versi, e di Eduardo Di Capua, il musicista, restano nell’ombra, ignoti a tutti. Capurro addirittura morì povero in canna e dimenticato, Di Capua finì inseguito dai creditori, dopo essersi rovinato con il lotto. Venticinque lire: fu il prezzo che l’editore Bideri pagò a Capurro e Di Capua per acquistare i diritti di "’O Sole mio" all’indomani di un concorso musicale in cui la canzone si era classificata solo seconda. Fu, infatti, alla Festa di Piedigrotta che i celeberrimi versi musicati vennero ascoltati per la prima volta, in occasione dell’evento che tradizionalmente si teneva l’8 settembre.

Quando nel 1898 "’O Sole mio" venne pubblicata valeva poche lire: col tempo, divenne la canzone italiana più famosa al mondo, insieme a "Volare". Eppure a distanza di 123 anni, la proprietà resta "privata".

La popolare melodia ha avuto sempre una vita legale turbolenta. Qualche decina di anni fa, l’Ufficio Proprietà Artistica e letteraria della Presidenza del Consiglio tentò il blitz e dichiarò i diritti di pubblico dominio. Apriti cielo! Si scatenò un contenzioso tra Stato ed eredi, ossia con la famiglia Bideri, come casa editrice musicale (passata poi alla Ricordi), e i discendenti degli autori. Una lotta all’ultimo euro, carte bollate senza fine. Alla fine Bideri riuscì a dimostrare (e il tribunale gli dette ragione) che un pezzo di paternità musicale apparteneva a un terzo compositore napoletano, Alfredo Mazzucchi. Risultato? La canzone è ancora tutelata dal copyright e lo rimarrà fino al 2042, ovvero fino a 70 anni dalla morte del suo autore più longevo: appunto il Mazzucchi, scomparso all’età di 94 anni nel 1972. Gli eredi Mazzucchi sono peraltro in causa con lo Stato per riavere i soldi dei diritti dal 1972, anno della morte dell’ultimol autore, fino al 2002, quando la sentenza di Torino prolungò il copyright.

Un secondo fronte è quello tra la Ricordi e gli eredi di un compositore americano che negli anni ’60 rimusicò la versione Usa della celebre canzone napoletana. Cause su cause che hanno consentito di allungare la vita del copyright. Ma tant’è: gli eredi di Mazzucchi, Di Capua, Capurro e Bideri potranno continuare attingere per un altro ventennio alla cornucopia dei diritti d’autore. Un corno dell’abbondanza che vale mezzo milione di euro all’anno.