Mercoledì 24 Aprile 2024

Fukushima, l’imprudenza costa 95 miliardi

Alessandro

Farruggia

Fukushima è ancora nei nostri occhi. Alimenta le nostre paure. E adesso anche la giustizia giapponese ammette che il disastro era prevedibile ed evitabile e che i manager della Tepco, per risparmiare e per incapacità, non presero le misure necessarie per evitare l’incidente nucleare. Le responsabilità del disastro del 2011, che coinvolse ben quattro reattori, tre dei quali arrivarono alla fusione del nocciolo, non furono tanto del devastate terremoto e dello tsunami che ne seguì, ma dei manager della società che gestiva la centrale, dice la corte distrettuale civile di Tokyo. Che ha condannato quattro ex dirigenti a pagare circa 13 trilioni di yen (95 miliardi di dollari) di risarcimento a favore di 48 azionisti, che avevano intentato causa nel 2012.

Quello che davvero conta è che siano stati sanciti gli errori progettuali e gestionali. Il primo è l’abbassamento della costa dagli originari 34 metri a soli 10, il secondo la barriera di protezione a mare che si volle alta solo 5,7 metri quando si sapeva che le onde di tsunami attese erano superiori ai 9-10 metri e terzo e ultimo (decisivo) elemento, il fatto che i quadri elettrici e tutti i generatori di emergenza meno uno erano nel poco protetto locale turbine che infatti finì completamente allagato lasciando i reattori senza raffreddamento, prodromo dell’incidente a catena.

La vicenda di Fukushima, è però radiologicamente tutt’altro che finita. Tepco infatti vuole sversare in mare, per decenni, le acque di raffreddamento, che sono ben 1,37 milioni di tonnellate: pur filtrate dai radionuclidi, contengono comunque grandi quantità del non filtrabile trizio: 860 trilioni di becquerel. La scommessa è che siano diluite dall’oceano, ma che accadrà ai pesci delle coste vicine? Oggi in una varietà pescata sono stati rilevate concentrazioni 14 volte oltre i limiti. Aggiungere trizio non farà che peggiorare la situazione.