Venerdì 19 Aprile 2024

Esce dal coma: dov’è mio figlio? Ma lui è morto per salvarla dall’ex

Accoltellata dal pachistano che non si rassegnava alla fine della storia. Il risveglio dopo 40 giorni

di Viviana Ponchia

TORTOLÌ (Nuoro)

Al fondo di 40 giorni di coma il primo pensiero è stato per lui: "Mirko, dov’è il mio Mirko?". A quel punto un medico sa di essere di fronte a un muro. Bisogna dire la verità, spezzarla in piccoli bocconi, liofilizzarla. Ma prima è necessario trovare il coraggio. Assicurarsi che il dolore di ciò che è stato e non si può cambiare non la rispedisca indietro. Da quella nebbia Paola Piras è miracolosamente uscita per suo figlio. A 51 anni è lui che cerca nella stanza di terapia intensiva dell’ospedale di Lanusei dove venerdì ha ricominciato a mettere a fuoco il mondo. Il primo cibo, i sorrisi. Sì, ma Mirko dov’è?

Gli psicologi che fanno squadra attorno al suo letto dicono che non è ancora arrivato il momento di sapere. I farmaci l’hanno mandata nel limbo dove il corpo si ripara e la mente non chiede. Però deve migliorare, diventare più forte. Solo allora si potrà pensare di spezzarle il cuore. Mirko Farci non verrà. Aveva vent’anni ed è morto per salvarla dalla furia dell’ex compagno nell’alba tragica di Tortolì, lo scorso 11 maggio. Le ha fatto scudo con il corpo per proteggerla dalle coltellate e ne ha prese due al torace, quella fatale ai polmoni. Il suo secondogenito che voleva fare lo chef, il sorriso bellissimo di chi ha la vita davanti. Come si spiega questo orrore a una mamma che ha appena ricominciato a mangiare da sola e raccoglie segnali con avidità? I visi dei dottori, i sussurri delle infermiere. Il radar in azione. Mirko dov’è? L’hanno presa per i capelli quel mattino con 18 coltellate addosso e tutto da ricucire. Tre interventi, l’ultimo a distanza di venti giorni per eliminare l’infezione alla pancia. Sono le onde del male che arretra e poi torna a fare danni quando il peggio sembrava passato, ma lei ne è venuta fuori. E vuole sapere. E insiste con l’équipe di specialisti che intanto studia la confezione giusta per una notizia impossibile. Dov’è Mirko? Il pensiero dell’altro verrà poi e non sarà più rimosso. Shahid Masih, 29 anni, operaio di origini pachistane. Compagno di un pezzo di strada, imperdonabile errore. I carabinieri lo hanno preso poche ore dopo la morte di suo figlio. Ha confessato tutto. Si è attaccato alle grondaie per scalare la casa di via Monsignor Virgilio fino al primo piano della palazzina dove Paola Piras viveva con i suoi ragazzi. Ha trovato il coltello, è salito al secondo dove la donna dormiva con Mirko. Gelosia.

Erano stati assieme fino al 2020, era convinto che adesso ci fosse un altro. Ordinaria storia da stalker per un po’, con maltrattamenti e denunce. E alla fine la resa dei conti nonostante il divieto di avvicinamento imposto dal giudice di Lanusei, il mancato linciaggio da parte della folla inferocita, l’isolamento nel carcere di San Daniele. Chi vuole ancora ascoltarla una storia così.

Paola in coma, Mirko sotto terra dopo essere morto e avere preso il diploma, esattamente in quest’ordine. I compagni dell’istituto Ianas hanno insistito per la licenza postuma. Ci teneva troppo. Sono andati alla cerimonia il fratello Lorenzo e la zia Stefania. La commissione d’esame non ha avuto dubbi: "Gli abbiamo dato 100: salvare la vita della madre quanto può valere se non il massimo?". La madre è stata via negli ultimi 40 giorni, una traversata nel deserto dove la coscienza dovrebbe essere impermeabile alle tempeste del ricordo e alle gocce di speranza, ma chissà. Tocca a chi l’ha salvata ributtarla giù: "Mirko dov’è?".