No agli ex br in Italia, Galmozzi (Prima linea): “Che goduria”. L’Osservatorio anni di piombo: “Troppe libertà”

Potito Perruggini, nipote del brigadiere Giuseppe Ciotta: “Quel che è successo conferma la cattiva fede dei francesi verso l’Italia”

Giuseppe Ciotta con la figlioletta Nunzia

Giuseppe Ciotta con la figlioletta Nunzia

Roma, 28 marzo 2023 – “Quanto mi fa godere la Cassazione francese...”. Enrico Galmozzi, fondatore delle Brigate combattenti di Prima linea e assassino di Enrico Pedenovi e Giuseppe Ciotta, commenta così la decisione dei giudici francesi di confermare il rifiuto all’estrazione di dieci br degli anni di piombo in Italia. "L’ennesima dimostrazione della cattiva fede dei francesi, da 50 anni sempre la stessa storia”, il commento amaro di Potito Perruggini, nipote di Giuseppe Ciotta e presidente dell’Osservatorio anni di piombo.

“In Italia c’è un eccesso di democrazia”

Potito Perruggini prova a mantenersi calmo e scandisce: “Non bisogna cedere alle provocazioni, il killer dovrebbe ringraziare l’Italia e l’eccesso di democrazia che gli consente di avere anche questi lussi. Sono stati due omicidi vigliacchi, compiuti alle spalle. Mio zio era chiuso in una 500, era inerme. Mi chiedo: un giudice di sorveglianza non potrebbe rivedere le sue decisioni? O ci sono ancora contatti con i servizi segreti deviati, come dice qualcuno? Io non sono in grado di dirlo”.

Chi erano Enrico Pedenovi e Giuseppe Ciotta

Enrico Pedenovi aveva 50 anni ed era un avvocato iscritto al Msi quando venne ammazzato il 29 aprile 1976 a Milano. Quel pomeriggio avrebbe dovuto partecipare alla commemorazione di Sergio Ramelli. Non fece in tempo: lo uccisero poco prima delle 8, mentre era fermo a un distributore di benzina.

Giuseppe Ciotta aveva 29 anni quando venne ucciso, era il 12 marzo 1977. La figlioletta Nunzia avrebbe compiuto 2 anni il 29 di quello stesso mese. Era un brigadiere di pubblica sicurezza, “un lottatore, cintura nera, per questo hanno atteso che fosse in auto, inerme”, il commento amaro del nipote. Arrivarono in tre, Galmozzi sparò, come avrebbero poi ricostruito le indagini. 

“Che cosa voglio ottenere”

Potito Perruggini ‘insegue’ l’assassino dello zio da anni, vuole capire. Nel 2019 lo affrontò in un dibattito pubblico, gli chiese: chi le ha indicato di uccidere il brigadiere? Lei non lo conosceva eppure lo ha ammazzato.  Neanche quella volta ebbe risposta.

Che cosa vorrebbe ottenere? “Con l’Osservatorio – spiega – vorrei stimolare la discussione perché si possa guardare oltre gli anni di piombo. Il mio auspicio è che sia giunta l’ora di mettere un punto. Parlo di riconciliazione. Bisogna promettere impunità a chi dà un contributo per ricostruire la verità di quegli anni. Perché le vittime sono un po’ tutti gli italiani”.