Mercoledì 24 Aprile 2024

Bronzi di Riace, e se fossero tre? "Manca una statua: cerchiamola"

Il sindaco della cittadina calabrese vuole avviare una nuova campagna. Il giallo dei reperti scomparsi

Il recupero dei bronzi di Riace

Il recupero dei bronzi di Riace

È un tarlo che scava ogni volta che si avvicina agosto: quanti erano i Bronzi di Riace? Solo i due ripescati nel mare della Calabria o ce n’erano altri? Il mistero con il passare degli anni si infittisce, tanto che all’enigma iniziale se ne aggiungono altri, in un’inestricabile sciarada. Al rompicapo sull’identità dei Bronzi, ecco sommarsi quelli che riguardano il numero, il colore, il ritrovamento, i pezzi mancanti, le cause del naufragio. Troppi rebus, mentre il tarlo attacca le poche certezze. E allora il sindaco di Riace, Antonio Trifoli, in attesa di festeggiare il mezzo secolo dal ritrovamento, intende avviare una nuova e massiccia campagna subacquea alla ricerca di altri manufatti.

"Speriamo di trovarvi altre ricchezze archeologiche. Ci sono stati nel corso degli anni molti elementi che hanno fatto pensare ad altre, possibili scoperte. L’ultimo scavo serio risale a 30 anni fa, poi non è stato fatto altro. Anni addietro – ricorda – una nave americana, attraverso i sonar, rilevò delle anomalie metalliche proprio nel punto in cui furono ritrovati i Bronzi".

La storia dei Bronzi inizia il 16 agosto del 1972 quando, in seguito a una vicenda dai risvolti mai chiariti, presso la località di Porto Forticchio di Riace Marina, vengono ritrovate due statue di bronzo, apparentemente senza nessun reperto coevo nei dintorni. Non sapendo che nome dare, gli esperti se la cavano come fanno gli americani nell’Area 51 ed etichettano i Bronzi con A e B. Lo storico Daniele Castrizio, docente di numismatica all’Università di Messina, ipotizza che in acqua ci fosse anche una terza opera.

A e B facevano parte di un gruppo statuario che raffigura il momento precedente al duello fratricida fra Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, del mito dei Sette a Tebe. Probabilmente furono realizzati ad Argos, nel Peloponneso greco, nella metà del V secolo, a poca distanza temporale l’uno dall’altro, nella stessa bottega ma da maestranze diverse.

Secondo Castrizio, i Bronzi erano in un gruppo che vedeva al centro la loro madre Euryganeia, con le braccia allargate e disperata mentre cerca di dissuadere i figli dal duello. Ecco il terzo bronzo, quello mai trovato, sarebbe proprio quello della madre dei due aspiranti fratricidi. Lo scrittore Giuseppe Bragò, autore di Facce di bronzo, sostiene: "La prima cosa che mi saltò agli occhi fu la relazione di Stefano Mariottini, il sub scopritore, in cui veniva detto che era stato fortunosamente individuato un gruppo di statue. Un gruppo, quindi, non una coppia di statue. Quindi almeno tre".

Non è l’unica incongruenza perché nel verbale del ritrovamento si fa cenno a una "gamba sopravanzante e mani aperte". Posizione che non è attribuibile alle due statue esposte nell’Archeologico di Reggio, ma fa pensare all’immagine della madre che cerca di dissuadere i figli dal duello rusticano.

Dove è finito questo terzo capolavoro? Secondo una teoria portata avanti da Bragò sarebbe stata inviata a Malibù, al Getty Museum. E insieme al terzo Bronzo sarebbero arrivati in California altri pezzi del gruppo di Argos: ovvero uno scudo, un elmo corinzio e pezzi di lancia. Pezzi spariti, seppur riportati nella denuncia di ritrovamento del sub Mariottini ("al braccio sinistro una statua presenta uno scudo") e nella relazione dell’ispettore ministeriale Pier Giovanni Guzzo ("una seconda statua raffigura un personaggio virile, anch’esso barbato e con un elmo"). Reperti affondati nel mistero, spariti nel nulla. Dove sono finiti? Nessuno lo sa, salvo alimentare il gossip e la leggenda circa la vendita da parte di tombaroli di quei preziosi reperti per seimila dollari a esperti d’arte e poi rivenduti ai paperoni americani. Per cifre a sei zeri.