Sabato 27 Aprile 2024

Donne di mafia: "Silenziose ma decisive, spietate come i mariti. E ora guidano i clan"

Piera Aiello, costretta a sposare un boss, decise di collaborare con Borsellino: "Le madri trasmettono ai figli il codice malavitoso, bisogna spezzare la catena"

Piera Aiello

Piera Aiello

"È sempre stato così, perché ci sorprendiamo? Le ‘padrine’ gestivano i clan anche quando c'erano i loro mariti o i loro fratelli. Stavano nell’ombra, dietro le quinte. Quando questi sono stati arrestati e sono finiti al 41 bis, sono venute alla ribalta e hanno preso in mano le redini delle cosche. La verità è che questa cosa non l’abbiamo ‘voluta’ vedere, abbiamo pensato che fosse una nostra fantasia, che Cosa Nostra fosse un affare da maschi. Come è successo con la mafia al Nord, che abbiamo ignorato per anni". A parlare è Piera Aiello, 56 anni, ex deputata, inserita dalla Bbc nel 2019 tra le 100 donne più influenti al mondo. È stata la prima parlamentare nella storia della Repubblica Italiana con lo status di testimone di giustizia: moglie di un piccolo boss di Partanna, Nicola Atria, decise dopo la sua uccisione di denunciare non solo i killer del marito, ma anche il sistema mafioso nel quale per anni era stata costretta a vivere. Una scelta coraggiosa che ha pagato per lunghissimo tempo.

Fino a 10-15 anni fa era impensabile trovare una donna al vertice di una struttura mafiosa. Poi di colpo abbiamo visto arrivare boss-camorriste e ‘padrine’. Come lo spiega? "Le donne sono sempre state ai vertici delle cosche, sebbene non apparissero in prima linea. Ora fanno le veci dei familiari maschi in modo più evidente, tanto da finire nelle carte delle indagini".

Questa mafia al femminile è meno spietata di quella maschile? "Macché! Ci sono tanti esempi di donne al vertice delle strutture criminali che si comportano come o anche peggio dei loro mariti o dei lorio fratelli. Ho seguito un’intervista televisiva di Saviano a una donna camorrista che racconta di aver ucciso solo per un piccolo sgarbo. La mafia è sempre sanguinaria, non è un problema di genere".

Lei sostiene: le donne di mafia pesano anche quando stanno zitte. "È proprio così. Ninetta Bagarella, la moglie di Totò Riina, è sempre stata silente perché così vuole il codice mafioso che impone al boss di comandare e alla donna di restare zitta. Ma è davvero così? Io penso, invece, che sapesse ogni cosa di quello che il marito faceva, d’altra parte lo ha sempre difeso e non ha mai preso le distanze da lui. La verità sa qual è?".

Dica. "Che queste donne appoggiano in modo totale quello che fanno i loro uomini e sono pienamente immerse nel contesto mafioso. È sempre stato così, nel quotidiano una donna sa tutto di quello che combina la sua famiglia".

L’ascesa ai vertici operativi è dovuta al fatto che i loro uomini sono stati arrestati o è un segno dei tempi, con un più forte protagonismo delle donne? "Certamente hanno contato gli arresti eccellenti, e prevedo che sempre più donne guideranno i clan. Per questo motivo bisognerebbe lavorare su di loro per sottrarre forza alla mafia. È questa la strada, sono loro che insegnano e trasmettono ai figli il codice mafioso e sono solo loro che possono salvarli".

Lei, Piera, è una donna che può raccontare anche come si esce da Cosa Nostra. "Sono stata obbligata a sposare un boss mafioso, ma sono sempre stata in disaccordo con il modus operandi di quella famiglia. La morte mi è entrata in casa che avevo solo 21 anni, mio marito fu ucciso. Sono diventata vedova di mafia, con una bimba di tre anni da crescere e la rabbia nel cuore. A quel punto ho capito che dovevo far sentire la mia voce. Ho combattuto dappertutto, avendo al mio fianco solo i miei genitori e un uomo meraviglioso, Paolo Borsellino, ‘zio Paolo’".

Quali sono i prezzi da pagare per affrancarsi? "Altissimi, li sto pagando ancora. Sotto scorta, non puoi più vivere in famiglia, hai un’altra identità, sei ripudiata dagli amici, lontana dal tuo paese. Ma lo rifarei mille volte".