Giovedì 2 Maggio 2024

Covid, in campo torna l’autocertificazione. Lo sport giovanile riparte nel caos

Giungla di regole nelle attività dei ragazzi. I genitori devono firmare le liberatorie per gli allenamenti. Più spese per le famiglie: alcune società non forniranno nemmeno le divise. Ostacoli anche indoor

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Dalla scuola allo sport. Stessi dubbi, stesse incognite, stesso caos a una manciata di settimane dalla ripartenza di settembre. A fare da apripista nel frullatore delle incertezze, proprio il mondo dell’istruzione che si appresta al ritorno in classe. A ruota, poi, toccherà al settore dell’attività fisica, finito pure lui in mezzo al caos del post lockdown legato al virus. A lanciare l’allarme, un mesetto fa, era stato il calcio col presidente della Lega nazionale dilettanti. "Ripartire dopo il lockdown è l’obiettivo di tutti. Anche del calcio dilettantistico – spiegava Cosimo Sibilia –. Ci sono 12mila società e oltre 1 milione di calciatori e calciatrici che attendono con impazienza di sapere se alla fine dell’estate si riprenderà a giocare e in che modo".

La punta dell’iceberg di un mondo, quello delle discipline sportive in generale, alle prese con una serie di difficoltà che ora rischiano di portare al collasso soprattutto l’attività dei ragazzi. Così, se da un lato si studia la ripartenza della stagione giovanile e scolastica, dentro i palazzetti e nelle palestre didattiche, dall’altro mancano regole chiare, linee guida uniformi per tutti. E i soldi. Da Nord a Sud, le società (di calcio e non solo) si stanno organizzando facendo leva su autocertificazioni, liberatorie, regolamenti interni e piccole norme create al momento per cercare di allontanare le responsabilità su potenziali contagi legati al Covid e contemporaneamente rimettere di nuovo al centro di tutto i ragazzi, in moltissimi casi fermi da mesi.

Tutto questo sta però creando una serie di difficoltà: non solo ai giovani (che stanno rinunciando alle iscrizioni), ma anche alle associazioni (con sempre meno fondi) e alle famiglie già piegate dal peso della pandemia tra congedi, smart working e figli da gestire in emergenza. "Una situazione difficile – spiega Claudia Giordani, delegata del Coni Milano –. Le linee guida devono darle le singole federazioni di riferimento, anche se a livello dilettantistico e giovanile è tutto più complicato anche perché spesso le informazioni non ci sono o se ci sono sono confuse".

Ogni federazione sembra fare da sé. Il calcio, per esempio. Molte società, per evitare guai, impongono liberatorie e autocertificazioni ai propri ragazzi. Spesso se ci si vuole allenare, bisogna firmare un documento che scarica le responsabilità. "Vero, ma il dubbio che quelle carte valgano poco è reale. La responsabilità penale potrebbe restare a carico dei dirigenti", spiega ancora Giordani. Non basta. A innescare nuove polemiche e critiche, ci hanno pensato poi le decisioni di alcune società emiliano-romagnole (ma non solo) che, per evitare guai dovuti a eventuali contagi, hanno previsto quote di iscrizione per la nuova stagione senza però comprendere né considerare il materiale sportivo. Tradotto: le classiche divise per partite e allenamenti dovranno essere acquistate a parte. "Meglio lavare tutto in casa propria, senza mischiare gli indumenti", spiegano alcuni dirigenti. Ulteriori spese per le famiglie rispetto agli anni passati, insomma.

Ma c’è di più. Molte società in Italia hanno anche chiesto di rinunciare al rimborso della stagione precedente per non dover chiudere i battenti. Tutto questo ha portato, a oggi, a situazioni vicine al collasso in diverse città. La conferma è anche nei numeri: iscrizioni lontane dalle cifre del passato e società che rischiano di saltare per aria o rimandare l’inizio dell’annata. E non va meglio nelle palestre scolastiche. Da Firenze a Roma, da Milano a Bologna, la questione è nazionale: "Gli istituti non vogliono concedere l’utilizzo delle strutture alle società sportive per l’attività di base ma anche agonistica. Il danno, grave per lo sport dei giovani, è sotto gli occhi di tutti e così è impossibile programmare la stagione sportiva. È un’agonia", conclude Giordani.