Mercoledì 24 Aprile 2024

Covid, drive-in al collasso: 13 ore di coda per i tamponi

Roma, diventano biblici i tempi per un test nelle strutture aperte in strada. I gestori: "Non bastano più, la richiesta è triplicata"

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"Da questo punto in poi l’attesa è stimata in tre ore". In viale Palmiro Togliatti, nella strada che porta al Centro Carni, dove la Regione Lazio ha aperto uno dei 15 drive-in della Capitale, premurosi addetti dell’Asl Roma 2 disseminano il percorso di cartelli conta-tempo per i martoriati aspiranti al tampone. "Vergogna", è il commento più gentile dei pazienti (ma non troppo) intrappolati in code interminabili modello autostrada a Ferragosto. Nulla che suggerisca percorsi di salute: coi finestrini aperti, smog assicurato; coi finestrini chiusi, più rischi di contagio, nonostante le mascherine, nel caso di famiglie con un inconsapevole positivo a bordo. Il record di attesa è alla Casa della Salute di Labaro (Roma Nord) con 12-13 ore di incubo.

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Uno scenario del tutto prevedibile, secondo Pierluigi Bartoletti, responsabile drive-in del Lazio: "I drive-in – ricorda – erano nati a maggio per smaltire gli arretrati". Ora sono parte del problema: "Non bastano più", è la chiara ammissione. "Sono triplicati", raccoglie la sfida l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato: "Siamo stabilmente sui 10-11 mila tamponi al giorno, ma a breve arriveremo a 16-17 mila, proprio perché in questa fase è molto importante individuare precocemente i positivi asintomatici". La promessa è di "un ulteriore raddoppio delle sedi" in tutto il Lazio e con tempi di refertazione più rapidi.

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Nel frattempo sono state attivate convenzioni con il fior fiore della sanità privata romana: da Mater Dei a Quisisana, da Altamedica a Villa Stuart, già decine di laboratori offrono tamponi al prezzo massimo di 22 euro, che scende a 20 nelle cliniche che hanno fiutato l’affare. Perché per una famiglia di quattro persone meglio sborsare 80-90 euro che restare ostaggio per un giorno nella propria macchina. Ma, a questi ritmi, anche il punto di saturazione dei laboratori privati si sta velocemente avvicinando. "La corsa al tampone era scontata – considera Antonio Miglietta, infettivologo, capo Contact Tracing Asl Roma 2 –. I pediatri sono costretti a ordinare un tampone al minimo raffreddore di un bambino. E i medici di famiglia, visto il clima di allerta, non possono certo rifiutare l’impegnativa a chi presenta sintomi (anche deboli), oppure riferisce di contatti (più o meno ravvicinati) con soggetti positivi. Però così corriamo il rischio di tamponi generalizzati senza autentici livelli di priorità".

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Per la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), l’unica soluzione anti-Covid in Lazio è incaricare dei tamponi "anche gli studi medici di base", mentre su scala nazionale il consiglio è di somministrare "il vaccino anti-influenzale" in spazi ampli e dedicati, come "tendoni e oratori", garantendo totale sicurezza e corretto distanziamento.

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