Domenica 8 Giugno 2025
REDAZIONE CRONACA

Il nuovo Renzi che avanza

di BRUNO VESPA

«ROMEO, Romeo, perché sei tu Romeo?». L’altra sera, intervistando Matteo Renzi a ‘Porta a porta’, recitavo in silenzio questi versi di Shakespeare (Romeo e Giulietta), con innocenti variazioni. («Matteo, Matteo, ma chi sei tu Matteo?»). Al contrario del protagonista della celebre tragedia, Renzi non aveva padri e cognomi da rinnegare, né dimenticarli nel nome di un amore totale. Ma stava rinnegando sotto i miei occhi (e quelli di qualche milione di spettatori) il Renzi che avevamo conosciuto fino alla fase più calda di questa insidiosa campagna elettorale. Il Renzi delle certezze, dell’infallibilità, della sfida per la sfida, del braccio di ferro a ogni costo. S’intenda: l’Italia si è mondata dal fascismo passando da quello che decideva tutto a quelli che non decidevano niente. Il nostro meraviglioso paese è abitato da lillipuziani che nei cinquant’anni della Prima Repubblica gioivano nel legare con mille lacci il presidente del Consiglio Gulliver e i suoi ministri condannandoli all’inefficienza: 47 governi in 46 anni spiegano tutto. La Seconda Repubblica non è andata meglio, grazie alle coalizioni eterogenee che hanno penalizzato sia Berlusconi sia Prodi. 

L’ARRIVO del comandante Renzi ha impresso finalmente una svolta decisionista favorita da circostanze politiche irripetibili. Rottamare il potere d’interdizione del sindacato e soprattutto della Cgil – per intenderci – è molto più importante che avere rottamato D’Alema e Veltroni. Avere avviato la demolizione dell’articolo 18 – tentata invano da Berlusconi – dimostra che il buonsenso non ha colore. Proposta da destra (come l’assunzione senza contributi per tre anni), è stata attuata a sinistra. Se Renzi non farà altri passi indietro, la stessa riforma della scuola sarà una pedina fondamentale per la crescita dei lillipuziani. Il decisionismo di Renzi era stato tuttavia macchiato da qualche atteggiamento arrogante, dal rifiuto del colloquio (che non significa impantanarsi nella famigerata «concertazione»), dalla certezza dell’avere sempre ragione, dalla costruzione sistematica del proprio isolamento (un esempio: il potere dei grandi burocrati – i «mandarini» – era eccessivo. Ma è possibile che non ce sia uno in grado di consigliare bene il premier?). Bene, la grande manifestazione del personale della scuola e degli studenti (che non vogliono alcuna riforma) alla vigilia di delicate elezioni regionali e la sberla della sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni con quanto ne è derivato sono state sufficienti a determinare in Renzi addirittura una mutazione generica. 

LA «STRATEGIA DEL SORRISO» accennata qualche settimana fa è diventata un atteggiamento strutturale. Sulla scuola Renzi ha manifestato il massimo delle aperture possibili: forse non saranno sufficienti, ma il dialogo c’è. Sulla riforma della Fornero per non trasformare il lavoro in un ergastolo ha illustrato scenari, senza impiccarsi a impegni, come invece avrebbe fatto qualche mese fa. Ha ammesso, soprattutto, di essersi sbagliato e di potersi sbagliare ancora. 

È UN SEGNO di forza, come abbiamo già detto in altra occasione, e non di debolezza. Vedremo se questo atteggiamento totalmente inedito sarà una parentesi oppure – come speriamo – frutto di una maturazione. Certo, il nuovo Renzi sarebbe più «normale» del precedente, ma solo nell’accezione positiva. Abbiamo bisogno di un premier che decida e in fretta. Non di uno che dia sempre la sensazione di imporre.