Giovedì 16 Maggio 2024

Colera: sintomi, cure e trasmissione della malattia ricomparsa in Sardegna

Cosa c’è da sapere, come si cura e si previene la malattia contagiosa in base alle indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità

Il comera

Il comera

Nelle ultime ore è stato individuato un caso di colera a Cagliari. La persona che ha contratto la malattia è un pensionato di 71 anni. Ed è il primo paziente ad aver preso il colera dall'epidemia del 1973 che colpì Sardegna, Campania e Puglia.

L'uomo di Arbus è ricoverato nel reparto di malattie infettive dell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari, dove è stato riscontrata la presenza del vibrione. Le sue condizioni sono stabili ed è in miglioramento.

Ma cos’è il colera? Cosa lo provoca? Quali sono i sintomi e come si trasmette? Qual è il tasso di mortalità. Per dare le risposte abbiamo consultato il sito dell’Istituto superiore di sanità.

Cos’è il colera

Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. I sierogruppi di Vibrio cholerae che possono causare epidemie sono due: il Vibrio cholerae 01 e il Vibrio cholerae 0139, riporta il sito dell’Iss.

Come si trasmette

Il colera è una malattia a trasmissione oro-fecale: può essere contratta in seguito all'ingestione di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale di individui infetti (malati o portatori sani o convalescenti). I cibi più a rischio per la trasmissione della malattia sono quelli crudi o poco cotti e, in particolare, i frutti di mare (si pensa ad esempio che il caso di Cagliari sia legato proprio all’ingestione di mitili). Anche altri alimenti possono comunque fungere da veicolo.

Il contagio diretto

Senza la contaminazione di cibo o acqua, il contagio diretto da persona a persona è molto raro in condizioni igienico-sanitarie normali. La carica batterica necessaria per la trasmissione dell’infezione è, infatti, superiore al milione: pertanto risulta molto difficile contagiare altri individui attraverso il semplice contatto.

L’incubazione

Il periodo d’incubazione della malattia varia solitamente tra le 24 e le 72 ore (2-3 giorni), ma in casi eccezionali può oscillare tra le 2 ore e i 5 giorni, in funzione del numero di batteri ingeriti.

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Sintomi

Nel 75% dei casi le persone infettate non manifestano alcun sintomo. Al contrario, tra coloro che li manifestano, solo una piccola parte sviluppa una forma grave della malattia.

Quando presente, il sintomo prevalente è la diarrea, acquosa e marrone all’inizio chiara e liquida successivamente (tipico è l’aspetto ad “acqua di riso”). In alcuni soggetti la continua perdita di liquidi può portare alla disidratazione e allo shock, che nei casi più gravi può essere rapidamente fatale. La febbre non è un sintomo prevalente della malattia, mentre possono manifestarsi vomito e crampi alle gambe.

Terapie

L’aspetto più importante nel trattamento del colera è la reintegrazione dei liquidi e dei sali persi con la diarrea e il vomito. La reidratazione orale ha successo nel 90% dei casi, può avvenire tramite assunzione di soluzioni ricche di zuccheri, elettroliti e acqua, e deve essere intrapresa immediatamente.

I casi più gravi necessitano, invece, di un ripristino dei fluidi intravenoso che, soprattutto all’inizio, richiede grandi volumi di liquidi, fino ai 4-6 litri. Con un’adeguata reidratazione solo l’1% dei pazienti muore e, di solito, in seguito al ripristino dei fluidi, la malattia si risolve autonomamente.

Gli antibiotici, generalmente tetracicline o ciprofloxacina, possono abbreviare il decorso della malattia e ridurre l’intensità dei sintomi e sono utilizzati soprattutto per le forme più gravi o nei pazienti più a rischio, come gli anziani.

La prevenzione

L’approccio prescelto per la lotta al colera è spesso multisettoriale e coinvolge la gestione dell’acqua, la sanità pubblica, la pesca, l’agricoltura e l’educazione alla salute. Tuttavia, gli interventi più importanti per la prevenzione delle epidemie di colera riguardano la depurazione dell’acqua e il funzionamento del sistema fognario.

Garantire la sicurezza del cibo e dell’acqua e migliorare l’igiene sono, infatti, le condizioni di base per la prevenire le epidemie. Anche l’educazione al rispetto di accorgimenti igienici durante la preparazione o l’assunzione del cibo, come il lavarsi le mani con il sapone prima di iniziare a cucinare o mangiare, può contribuire a ridurre la diffusione delle epidemie. I vibrioni del colera sono, infatti, estremamente sensibili all'azione dei comuni detergenti e disinfettanti.

Letalità

Se non trattato, soprattutto in paesi in cui le condizioni igienico sanitarie sono pessime, la letalità può arrivare al 50%, spiega la pagina di indicazioni sulle epidemie di colera della Regione Veneto.

Vaccini

Sempre il sito della Regione Veneto in relazione ai viaggi in Paesi a rischio specifica che “la possibilità di infezione è bassa per i turisti, mentre può essere elevata per gli operatori di gruppi umanitari operanti in aree colpite da disastri e in campi profughi”. È disponibile un vaccino orale che contiene il batterio inattivato e una parte della tossina in grado di stimolare il sistema immunitario senza causare la malattia; il vaccino è somministrato con le seguenti modalità:

  • adulti e bambini di età maggiore 6 anni: due dosi distanziate di almeno una settimana
  • bambini dai 2 ai 6 anni: tre dosi distanziate di almeno una settimana.

È raccomandata una dose di richiamo a distanza di due anni. E’ necessario completare il ciclo vaccinale almeno una settimana prima della potenziale esposizione all’infezione.