Martedì 30 Aprile 2024

Dramma assistenza. "Stress e solitudine killer degli angeli"

La cura richiede grande fatica fisica e c’è anche un problema costante di tenuta psicologica

Caregiver

Caregiver

Brescia, 28 settembre 2017 - «Oggi la solitudine e la sofferenza dei caregiver è drammatica. Perché le famiglie sono più piccole, più anziane, con un solo genitore o un solo figlio, e il peso dell’assistenza ricade tutto sulle spalle di un’unica persona». Il professor Marco Trabucchi, medico psichiatra e presidente dell’Associazione nazionale di psicogeriatria, segue da anni il calvario delle famiglie che curano i malati in casa.

Professore, i problemi non sono solo di natura economica?

«La spesa è il primo problema. Ma c’è anche un problema di tenuta psicologica e fisica della persona che si prende cura del malato e del disabile».

Davvero si abbassano le aspettative di vita del caregiver?

«La cura richiede fatica fisica, ma soprattutto provoca stress e solitudine. E questi sono i due killer più terribili. La persona chiusa in casa a occuparsi del proprio caro non parla con nessuno del proprio dolore, non condivide il dramma di vivere con una persona che non lo capisce più, non lo riconosce, che può essere spesso violento. La difficoltà di comunicazione è forse il primo fattore del malessere».

E il secondo?

«C’è lo stress oggettivo. Pensi a chi assiste un parente affetto da demenza senile. Assiste una persona che non è più lui. Ne riconosci le fattezze, certo, gli vuoi ancora bene, però in condizioni molto difficili. E poi le famiglie sono sole perché hanno ormai pochi soldi per farsi aiutare».

Si torna al problema economico: influisce sulla tenuta psicologica degli assistenti?

«Oggi molti caregiver non hanno più momenti di respiro. Una volta era più diffusa la possibilità di pagare una persona che restava a casa con il malato al pomeriggio o nel weekend e il caregiver poteva fare un giro, rilassarsi, magari semplicemente poteva dormire».

Per questo è importante garantire i soggiorni di sollievo alle famiglie?

«Sì, fra l’altro oggi siamo più favorevoli a periodi brevi di sollievo: due o tre pomeriggi la settimana, la domenica di serenità, piuttosto che periodi di 15-20 giorni. Perché il rischio è che il caregiver sollevato dal peso poi non ce la faccia più a tornare indietro. Non è una critica moralistica, perché è umanamente comprensibile».

Il pubblico avrebbe anche meno spese alleviando le famiglie ma lasciando gli anziani a casa.

«La sostenibilità economica è fondamentale. È più efficace garantire che la domenica e un pomeriggio alla settimana una persona pagata dal servizio pubblico si rechi a domicilio. E’ megli che altri servizi più costosi. Questi momenti di riposo, di rispetto, di scambio di idee, possono anche rallentare il ricovero nelle case di riposo che ha un costo enorme».

È vero che la maggior parte dei caregiver sono donne?

«Donne fra i 55 e i 65 anni, per lo più. Ma ci sono anche signore ottantenni che accudiscono da sole il marito malato. Donne da ammirare, con una forza morale e fisica eccezionale».

L’assistenza a domicilio è sempre esistita, perché oggi il suo peso è diventato insostenibile?

«Ci sono tre fattori. Primo, i malati non autosufficienti, ad esempio affetti da demenza senile, vivono più a lungo. La definiamo ambiguità del progresso: avere anziani che vivono di più è un progresso, ma carica la società di impegni che prima non esistevano. Secondo, la crisi della famiglia: nuclei più stretti, spesso distrutti, divisi, che non hanno più tempo o pazienza. Non sottovalutiamo i legami meno stabili, dove a volte la cosiddetta nuora fa fatica a prendersi in carico il cosiddetto suocero, perché magari il rapporto è stato meno profondo. Terzo punto: sono diminuiti i finanziamenti ai servizi del pubblico e così le cure pesano sulle spalle delle famiglie».

La riforma delle pensioni ha influito nel creare disagio allungando i tempi del lavoro?

«Il prolungamento dell’età pensionistica, associato alle aspettative di vita che si allungano, porterà a dover cambiare il sistema di welfare. Avremo figli di oltre 60 anni ancora al lavoro che devono accudire i parenti più anziani a casa, chiedendo flessibilità negli uffici e nelle aziende e affrontando altri mille problemi. Questo sistema non funziona più, andiamo incontro a una crisi drammatica, sia per la spesa pubblica, sia per le difficoltà sociali e personali che si creano. Dobbiamo pensare a qualcosa di radicalmente nuovo».

2. continua