
Sul luogo del ritrovamento sono intervenuti i carabinieri
Perugia, 29 novembre 2014 - E' un giallo inquietante, anche se gli investigatori battono la pista del suicidio o della disgrazia, il ritrovamento di un uomo ‘depezzato’ all’interno di una vasca per la raccolta delle acque in un cava abbandonata nei dintorni di Collepepe, nel Tuderte. L’ipotesi è che si tratti di un cittadino marocchino, residente a Collazzone che nel dicembre del 2012 era scomparso dalla zona dopo, sembra, un licenziamento dalla cava stessa e una lite con la moglie che lo aveva lasciato. L’allarme per la macabra scoperta è scattato ieri mattina quando i nuovi gestori della cava, nell’ambito di un’opera di manutenzione, hanno iniziato a svuotare la vasca. Hanno visto parti del corpo e hanno chiamato i carabinieri che hanno raggiunto la zona. Sul posto anche il medico legale, Laura Paglicci Reattelli. L’uomo era ‘spezzato’ dalla vita ma addosso aveva tutti i documenti. Il cadavere è però praticamente saponificato dalla lunga permanenza in acqua (nella vasca almeno cinque metri di acqua) ed è quindi difficile riuscire a ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto.
Una delle anomalie è l’assenza del cranio che però potrebbe essere finito sul fondo fangoso della vasca: accertamenti sono tuttora in corso. Secondo la prima consulenza medico-legale è possibile che il fenomeno di macerazione e depezzamento sia frutto della permanenza in acqua ma il corpo è stato portato all’obitorio del Santa Maria della Misericordia. Deve essere identificato con l’esame del dna e il pubblico ministero di turno al tribunale di Spoleto (competente per la zona del tuderte) Gennaro Iannarone ha disposto l’autopsia che sarà svolta nelle prossime oree. Al momento della scomparsa sembra che l’extracomunitario avesse manifestato l’intenzione di togliersi la vita. Di lì l’ipotesi del suicidio che sembra la più probabile anche perchè lo straniero conosceva bene quel posto.
Ieri inizialmente, è tornato l’incubo dell’uomo fatto a pezzi dal figlio a Perugia negli anni scorsi e i cui resti erano stati sparpagliati per i boschi. In quell’occasione però una gelata sul Monte Tezio aveva preservato un arto e l’autopsia aveva rivelato che era stato tagliato e non, come ipotizzato inizialmente, mangiato dai cinghiali. Di lì le indagini e la scoperta del drammatico patricidio.