Venerdì 26 Aprile 2024

Green pass, boom di certificati per malattia. I medici: "Non si visita al telefono"

Il certificato sanitario obbligatorio, il presidente dell’Ordine Anelli: "I colleghi non devono essere compiacenti"

Un irresistibile Alberto Sordi nei panni del malato immaginario di Molière

Un irresistibile Alberto Sordi nei panni del malato immaginario di Molière

Roma, 22 ottobre 2021 - Che l’ultima trovata dei No vax per aggirare il pass obbligatorio in ufficio sia il certificato di malattia è sotto gli occhi di tutti. A fugare anche gli ultimi dubbi sono i numeri dell’Inps che di attestati se ne è visti notificare 93.322 in data venerdì 15 ottobre – giorno di entrata in vigore del lasciapassare sul luogo di lavoro – a fronte dei 76.836 della settimana precedente. Per salire quindi a quota 152.780 il lunedì successivo, cioè il 14,6% in più rispetto ai sette giorni antecedenti, quando di dichiarazioni di malattia ne furono redatte 133.270. Di "fenomeno negativo" parla il presidente dell’Ordine dei medici, Filippo Anelli, che ai colleghi camici bianchi (e ai loro pazienti) rammenta come "i certificati di malattia si rilasciano solo previa visita medica in presenza, non certo per telefono". Il numero uno dei sanitari annuncia verifiche e minaccia "sanzioni disciplinari nei confronti di quei dottori che operano contro la legge" prima di sottolineare come dal suo punto di vista "la crescita del numero di certificati, in contemporanea col Green pass obbligatorio per i lavoratori, esprima un forte disagio sociale da parte di chi non intende vaccinarsi".

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Sarà anche, ma l’intera categoria dei medici di base rischia così di essere tacciata per compiacente verso chi, escludendo i malati reali, si inventa una febbricola per scavallare in definitiva l’obbligo vaccinale.

"Su questo punto vorrei dissentire. Non sono certo i medici quelli compiacenti con chi si ostina a rifiutare la profilassi anti-Covid. Abbiamo pagato un alto tributo di morti nella lotta alla pandemia e più del 99% di noi si è immunizzato".

Quindi nessun sospetto di false malattie in questa fase di transizione?

"Evitiamo dietrologie, mancano le prove. Quello che dico ai miei colleghi è di essere aderenti alle disposizioni di legge. Poi, se ci sono sospetti concreti, toccherà agli organi dello Stato e alla magistratura in particolare verificare eventuali irregolarità sotto il profilo penale".

Converrà, però, che gli italiani sono specialisti nel farsi mettere in malattia a inizio settimana, per non parlare del ’fascino irresistibile’ esercitato dai ponti festivi.

"Credo che questo rientri un po’ nel contesto sociale contemporaneo nel quale si sono smarriti anche i valori etici. Una via d’uscita potrebbe essere l’autocertificazione della condizione di malattia da parte dello stesso dipendente per i primi duetre giorni. Sarebbe un modo di responsabilizzare gli stessi cittadini".

Ma anche di sgravare dalle loro responsabilità i sanitari, compresi quelli inclini ai certificati via telefono che finiscono per offuscare il lavoro onesto di moltissimi altri.

"Qui non s’intende legittimare nessuna irregolarità. Gli attestati di malattia si fanno visitando il paziente, la legge Brunetta è chiarissima in tal senso. Il resto va punito con severità, anche sotto il profilo disciplinare e noi, a partire dalla sospensione dall’Ordine, abbiamo gli strumenti per farlo".

Alcuni medici asseriscono che col Covid non sia possibile far accedere in ambulatorio un paziente che, dall’altra parte della cornetta, lamenti uno stato febbrile.

"Sui casi singoli non entro nel merito. Ognuno ha, nelle sedi opportune, l’occasione per giustificare i suoi comportamenti sul piano professionale".

Bisognerebbe potenziare i controlli da parte dell’Inps?

"Questi sono previsti dall’ordinamento, personalmente credo che la medicina fiscale abbia sempre funzionato bene. Tuttavia, a causa della pandemia, ci sono stati dei tagli e quindi anche questo settore paga una certa sofferenza riguardo agli organici".

Che messaggio vuole dare a chi non vuole vaccinarsi e si rivolge al medico per avere un certificato di malattia?

"Questa non è la strada, così come anche farsi i tamponi ogni due giorni. Abbiamo un’arma contro l’infezione ed è la profilassi. Almeno, contattando il sanitario di famiglia, si può riprendere un confronto che porti l’assistito al convincimento della bontà della vaccinazione. Per sé e per la società".