Lunedì 29 Aprile 2024

Blitz anti scafisti Resta l’emergenza sbarchi Piantedosi rassicura Berlino "L’Italia starà alle regole"

I trafficanti di esseri umani salpavano dalla Sicilia per la Tunisia: 18 arresti. L’intercettazione choc: "Se ci sono problemi buttateli tutti a mare"

Migration

di Elena G. Polidori

L’ennesima storia di miseria, sfruttamento, arricchimento illecito sulla pelle dei migranti. Storia che si è consumata tra la Tunisia e la Sicilia e che svela la posta in gioco fatta di soldi e cinismo proprio mentre l’Ue cerca di trovare una soluzione a un problema, quello dell’immigrazione, che pare senza fine. La procura ha reso note le carte di un’inchiesta della polizia di Caltanissetta sulla tratta dei migranti che ha portato a 18 arresti e svelato intercettazioni dal contenuto raggelante.

Uomini, donne e bambini considerati alla stregua delle partite di sigarette di contrabbando. Esseri umani chiamati dai trafficanti "agnelli". Carichi di cui disfarsi in caso di imprevisti. "Se ci sono problemi, buttateli in mare". Parole pesanti arrivate al tavolo della trattativa proprio mentre il titolare del Viminale Matteo Piantedosi avvertiva al G7 come "con la Germania ci sia piena condivisione di posizione; non abbiamo dovuto dare rassicurazioni. C’è convergenza sul fatto di governare meglio i processi migratori attraverso il rafforzamento dei canali di ingresso legali e allo stesso tempo rafforzare il meccanismo di contrasto all’immigrazione irregolare". Manovra che non può prescindere da "canali di ingresso regolari e rafforzamento di grandi esperienze che l’Italia ha in campo da tanto tempo in Europa, come i corridoi umanitari". L’Italia, ha detto Piantedosi, ha rassicurato sul fatto che rispetterà le regole.

Ma torniamo alla cronaca dove le parole "corridoi umanitari" non sono contemplate. Ben altro dicevano gli scafisti componenti della rete scoperta dalla procura siciliana, organizzatori seriali di viaggi in mare di centinaia di disperati che pagavano migliaia di euro per raggiungere le coste italiane. "Lo sai con chi stai parlando? Io sono Akrem figlio di Beya il più grande trafficante tra Tunisi e l’Italia" si vantava al telefono, parlando con uno degli indagati, Akrem Toumi, vecchia conoscenza dei magistrati palermitani che in una passata inchiesta l’hanno messo in carcere e fatto condannare a 6 anni e 8 mesi. Era lui, dalla casa in cui si trovava agli arresti domiciliari, a controllare la banda che, oltre ai profughi, trasportava sigarette di contrabbando. I trafficanti curavano le traversate nei dettagli. Le imbarcazioni partivano dal porto di Gela o dalle coste dell’Agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il "carico" di uomini. "Mi faccio un po’ di colpi buoni, faccio 300mila euro così recupero i miei soldi e vado in Francia", diceva a un amico Akrem, che operava in società con la fidanzata, Sarra Khaterchi, anche lei finita in manette.

Per i viaggi la banda usava piccole imbarcazioni con potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che operavano nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento. Una rotta breve coperta in meno di 4 ore. Sui gommoni venivano stipate dalle 10 alle 30 persone per volta. Il prezzo sborsato per la traversata andava fra i 3mila e i 5mila euro e nelle tasche dell’organizzazione finivano tra i 30mila e i 70mila euro a traversata. "Come fai 70mila euro?" chiedeva un amico al capo dei trafficanti. "Ogni persona 3mila euro e ne porto almeno 20". "Guarda dentro, guarda: ci stanno 20 agnelli comodi", assicurava il tunisino. "Un ragazzo mi ha dato 2 mila euro e ora sta aspettando — spiega ridendo — gli ho detto che deve stare calmo. C’è chi piange, chi urla, chi ha sua madre che ha venduto la casa".