Mercoledì 24 Aprile 2024

Bisturi e filtri social: ossessione ritocco "Così si distruggono intere generazioni"

Anche Jamie Lee Curtis si pente della chirurgia estetica: una volta che incasini il tuo viso, non puoi più tornare indietro

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di Viviana

Ponchia

"Vede dottore, la mia faccia non mi assomiglia". Doveva succedere anche questo. Era chiaro che saremmo arrivati a chiedere al chirurgo non il viso di Charlize Theron ma il nostro. Quello di trent’anni fa, prima che la vita ci parcheggiasse sopra i suoi tir. Meglio ancora quello filtrato da Plastica, un nome un programma, la app utilizzata nel mondo più di 200 milioni di volte. Pelle vellutata, occhi da cerbiatto, naso sottile e labbra carnose. È stato troppo facile cascarci. Inorgoglirsi per i complimenti su Facebook alla foto scattata fuori dal liceo. E inorridire con coerenza al duro richiamo alla realtà del selfie nudo di stamattina. Ci siamo dentro un po’ tutti. Anche Jamie Lee Curtis. A Venezia le è stato fatto notare che è lei l’appuntamento fisso del nostro Natale nella commedia culto Una poltrona per due. Ha finto di sorprendersi: "Quindi mi mostrano ancora nuda in tv? Evviva. State mantenendo in vita il seno dei miei ventun anni". Finta leggerezza. Al magazine Fast Company l’attrice ha poi rivelato dall’alto dei suoi 62 che tra filtri sui social e ritocchi estetici il passo è breve. E c’è poco da stare allegri. "Stanno distruggendo intere generazioni. Io ho provato i filler, la chirurgia plastica. E non ha funzionato. Una volta che inizi a incasinare il tuo viso non puoi più tornare indietro". Ritocca qui e ritocca là, si è trovata comunque nei panni di una matura signora. In più dipendente dal Vicodin, l’antidolorifico che rende impossibile vivere senza oppiacei. Non doveva ispirarsi a nessuno. Solo alla ragazza che non esisteva più. Una squadra di chirurghi plastici inglesi, allarmata del fenomeno in impennata, ha coniato il neologismo Snapchat Dysmorphia. Troppi pazienti decidono di affidarsi al bisturi non per avere la bella faccia di un attore ma la versione migliorata di sé garantita dal fotoritocco. Impossibile non lasciarsi ingolosire da applicazioni come YouCam makeup che consente di modificare la forma del naso, i denti, il colore degli occhi. O da Faceapp che addirittura cambia il sesso e l’etnia. "Vede, dottore? Un tocco di Jamaica mi starebbe bene".

Per contrastare il fenomeno Spark Ar (l’applicazione desktop per creare filtri Instagram che fa capo a Facebook), ha rimosso i comandi che servono a cambiare i connotati in maniera radicale come farebbe la chirurgia estetica. E forse è troppo tardi. Diversi studi hanno dimostrato che il 2,5% della popolazione mondiale è affetta da dismorfofobia da social. In Italia ne soffrono almeno in 500 mila in una fascia di età che va dai 12 ai 30 anni. E come dice la Curtis, una volta che inizi a incasinarti non ti fermi più. In più ci si è messa la pandemia. Sono stati i mesi del lockdown e le riunioni su Zoom a cambiare per sempre il modo in cui ci vediamo e ad allungare la lista di attesa dei chirurghi plastici. L’effetto, per semplificare, è quello dello specchio deformante al luna park: desiderare di essere invisibili.

L’americano The Guardian è andato a fondo del problema intervistando vittime che potremmo essere tutti noi. La quarantenne Jane a forza di video call ha scoperto che il suo riflesso mentiva: aveva la faccia molto più rotonda, il naso più grande, le labbra più sottili di quanto aveva sempre creduto. Ha iniziato a usare filler per le labbra e gli zigomi, non è più riuscita a smettere. Botox, laser, peeling chimici. La dermatologa Shadi Kourosh conferma di non essere riuscita a stare dietro alle prenotazioni: "Con tutti i problemi che avevamo era sorprendente vedere quanta gente fosse in ansia solo per l’aspetto fisico". E le richieste continuano ad aumentare anche adesso che l’emergenza si allenta, ormai è un problema di salute mentale. Una volta scoperchiato il vaso di Pandora dell’insicurezza, richiuderlo sembra impossibile.