"I social o i motori di ricerca non ci ascoltano di nascosto. Siamo noi, con i nostri comportamenti sul web, a fornire a queste aziende le indicazioni utili per farci raggiungere dalle pubblicità". Per Luca Bechelli del comitato scientifico Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, dovremmo tutti pensare a quante informazioni mettiamo a disposizione di Big Tech con troppa leggerezza. Smartphone: ecco come arriva la pubblicità Ma allora Facebook, Google, Amazon e gli altri come riescono a far apparire réclame di oggetti che non abbiamo mai cercato sul web? "A volte è frutto del caso. Siamo bombardati ogni giorno di pubblicità, che però non ricordiamo. Quando qualcosa diventa oggetto del nostro desiderio siamo molto più inclini a notarlo. Più spesso in realtà siamo noi a mettere sulla buona strada siti e social. Basta poco: anche soffermarsi per qualche secondo in più su una notizia correlata a qualche prodotto può aiutare queste società a intercettare i nostri desideri latenti e nascosti. Inoltre gli strumenti digitali permettono di indicare parametri molto precisi. Per esempio posso selezionare chi un anno ha messo un ‘mi piace’ a un certo tipo di articoli e questo può stringere di molto la cerchia degli interessati". Quindi non ascoltano le nostre conversazioni? "È più che ragionevole escluderlo. Anche perché un’attività del genere, che sarebbe del tutto illegale, consumerebbe molta batteria e dati. Ci sono diversi studi che dimostrano come questo non avvenga. Inoltre per i giganti del settore se si venisse a sapere che esiste un programma del genere potrebbe essere un colpo da cui sarebbe quasi impossibile riprendersi. Sarebbe uno scenario apocalittico, visto che un telefonino sta nelle tasche anche delle persone più potenti del mondo". Ma gli assistenti digitali non sono sempre in ascolto? "Sì, ma si attivano solo quando sentono la parola chiave, come ...
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