Sabato 27 Aprile 2024

Sicurezza informatica, l'esperto: "Basta un solo like a svelare i nostri gusti"

Luca Bechelli: quando navighiamo sui social e clicchiamo, dovremmo sempre chiederci se ha davvero senso farlo

Anche il tempo passato sui siti viene registrato

Anche il tempo passato sui siti viene registrato

"I social o i motori di ricerca non ci ascoltano di nascosto. Siamo noi, con i nostri comportamenti sul web, a fornire a queste aziende le indicazioni utili per farci raggiungere dalle pubblicità". Per Luca Bechelli del comitato scientifico Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, dovremmo tutti pensare a quante informazioni mettiamo a disposizione di Big Tech con troppa leggerezza.

Smartphone: ecco come arriva la pubblicità

Ma allora Facebook, Google, Amazon e gli altri come riescono a far apparire réclame di oggetti che non abbiamo mai cercato sul web?

"A volte è frutto del caso. Siamo bombardati ogni giorno di pubblicità, che però non ricordiamo. Quando qualcosa diventa oggetto del nostro desiderio siamo molto più inclini a notarlo. Più spesso in realtà siamo noi a mettere sulla buona strada siti e social. Basta poco: anche soffermarsi per qualche secondo in più su una notizia correlata a qualche prodotto può aiutare queste società a intercettare i nostri desideri latenti e nascosti. Inoltre gli strumenti digitali permettono di indicare parametri molto precisi. Per esempio posso selezionare chi un anno ha messo un ‘mi piace’ a un certo tipo di articoli e questo può stringere di molto la cerchia degli interessati".

Quindi non ascoltano le nostre conversazioni?

"È più che ragionevole escluderlo. Anche perché un’attività del genere, che sarebbe del tutto illegale, consumerebbe molta batteria e dati. Ci sono diversi studi che dimostrano come questo non avvenga. Inoltre per i giganti del settore se si venisse a sapere che esiste un programma del genere potrebbe essere un colpo da cui sarebbe quasi impossibile riprendersi. Sarebbe uno scenario apocalittico, visto che un telefonino sta nelle tasche anche delle persone più potenti del mondo".

Ma gli assistenti digitali non sono sempre in ascolto?

"Sì, ma si attivano solo quando sentono la parola chiave, come ‘Ok, Google’ o ‘Ehi, Siri’. E a essere operativa è solo l’intelligenza locale, che poi dimentica tutto quello che sente. Solo quando si risvegliano questi gadget comunicano con il cloud per rispondere alle nostre richieste".

Quindi come fanno ad arrivare le pubblicità sui nostri smartphone?

"Le grandi società della Silicon Valley creano dei profili sulla base delle nostre azioni. Google non apprende i nostri interessi solo dalle ricerche, ma anche da come usiamo i siti che sfruttano la piattaforma pubblicitaria di Mountain View. È una presenza trasversale. Quando parliamo di un oggetto con un amico e poi poco dopo ci appare la réclame sul web, in realtà quello spot era pronto già da tempo proprio per noi".

Quali sono i pericoli di queste tecnologie?

"Sono strumenti molto invasivi. Quando entriamo in questi siti dobbiamo renderci conto che sono agorà pubbliche, ma spazi gestiti da privati. I nostri dati vengono concessi e resi disponibili a qualcun altro. Tutte le volte che mettiamo un like dovremmo domandarci se abbia un senso farlo, visto che poi potrebbe essere utilizzato per un interesse commerciale che non per forza coincide con il nostro".