Giovedì 25 Aprile 2024

Taci, lo smartphone ti ascolta. Ecco come arriva la pubblicità

Ex dipendente rivela: "Nei server di Google e Facebook ci sono nostri avatar che indirizzano il marketing"

Ulrich Mühe nel ruolo del capitano della Stasi Gerd Wiesler nel film 'Le vite degli altri'

Ulrich Mühe nel ruolo del capitano della Stasi Gerd Wiesler nel film 'Le vite degli altri'

La Stasi del marketing. A chi non è capitato di parlare con un amico di qualcosa di bizzarro e poi, come per magia, trovarsi la pubblicità proprio di quell’oggetto – che mai avevamo cercato sul web – direttamente sui propri social o tra le réclame di Google? Nei gialli di un tempo, la colpa sarebbe subito stata data al maggiordomo. Oggi viene appioppata agli smartphone o agli assistenti digitali come Alexa, Siri o Echo. In tanti sono convinti che i cellulari o i gadget che utilizziamo inviino segretamente le nostre conversazioni a Big Tech, che poi le sfrutterebbe per proporci pubblicità super efficaci. Sono molti i video su YouTube che parlano di questo complotto ordito alle nostre spalle: una sorta di ‘Le vite degli altri’ in salsa commerciale. La realtà è un po’ diversa, anche se per alcuni versi potrebbe risultare perfino più inquietante.

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Ma andiamo con ordine. Intanto c’è da capire, su basi scientifiche, se i telefonini ci ascoltano per davvero. Nel 2019 gli esperti di Wandera, società israeliana con base a Londra che si occupa di cybersicurezza e che proprio pochi giorni fa è stata acquistata da Apple per 400 milioni di dollari, hanno voluto mettere alla prova la lealtà degli smartphone. I ricercatori hanno piazzato un cellulare Samsung e un iPhone, con tutti i permessi privacy sbloccati, in una stanza dove per 30 minuti sono state fatte ascoltare pubblicità di cibo per cani e gatti. In un’altra camera una coppia identica di smartphone è stata lasciata nell’assenza totale di suono. Sui telefonini erano state installate le app di Facebook, Instagram, Chrome, SnapChat, YouTube, e Amazon. L’esperimento è stato ripetuto per tre giorni consecutivi. I risultati? Nessuna pubblicità di crocchette, scatolette o accessori per animali è stata visualizzata sui social o durante la navigazione. L’uso di batterie o di banda non ha rivelato alcuna differenza tra i cellulari esposti alle pubblicità e quelli nella stanza silenziosa. Il microfono quindi non si è mai attivato e nulla è stato registrato di nascosto.

E allora come è possibile che ogni tanto sui social o altri siti appaiano réclame di prodotti che non abbiamo mai cercato sul web e che magari abbiamo nominato una volta soltanto in una fugace conversazione? "So per certo, e le prove scientifiche lo dimostrano, che Big Tech non vi ascolta attraverso i microfoni dei cellulari. Sapete come fa? Nei loro server – spiega Tristan Harris, un ex dipendente di Google che ha fondato il Center for Humane Technology – c’è una piccola bambola voodoo con le vostre sembianze, un avatar. Le grandi società della Silicon Valley non hanno bisogno di ascoltare quello di cui parlate, perché hanno accumulato, e continuano a farlo, un’enorme quantità di dati su di voi, memorizzando tutti i vostri clic e like. Questo fa sì che la bambola voodoo agisca sempre di più proprio come fareste voi".

L’intelligenza artificiale ha portato questa tecnologia ai suoi massimi. Gli algoritmi, che oltre ai ‘mi piace’ dragano qualunque tipo di dato – tra cui quelli relativi alla geolocalizzazione o in che modo muovete il dito sullo schermo – sono anche in grado di far interagire diversi avatar per scoprire cosa ci potrebbe interessare. In parole povere possono simulare il dialogo che potremmo avere con un nostro amico, che magari qualche giorno prima aveva cercato sul web ‘chiodi a espansione’, e proporre anche a noi pubblicità sul trekking, nonostante la vetta più alta che abbiamo mai scalato sia quella del nostro divano. "Questi software sono così potenti – conclude Soteris Demetriou, esperto di pubblicità mobile dell’Imperial College – che sanno quello che potrebbe interessarci perfino prima di noi".