Sabato 7 Giugno 2025
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Museo, tour e souvenir? Macché, l’Autodromo c’è ma nessuno lo vede

La Villa Reale è lì. Te la trovi davanti, per strada, in tutta la sua restaurata bellezza ed eleganza. L’Autodromo, invece, è come se non ci fosse. Immerso nei boschi del Parco. Nessuno lo vede. E sono sempre meno pure i giorni in cui lo puoi almeno sentire di Marco Galvani

Gran Premio di Monza

Monza, 11 gennaio 2015 - La Villa Reale è lì. Te la trovi davanti, per strada, in tutta la sua restaurata bellezza ed eleganza. L’Autodromo, invece, è come se non ci fosse. Immerso nei boschi del Parco. Nessuno lo vede. E sono sempre meno pure i giorni in cui lo puoi almeno sentire. Così lontano dal resto della città. Ci si accorge della sua presenza giusto nel lungo fine settimana della Formula Uno, a settembre. Finché dura. Ma nel resto dell’anno? Interessa solo agli addetti ai lavori e a qualche romantico appassionato disposto comunque a passeggiare in mezzo al nulla. È proprio questo il punto. È come avere una Ferrari e tirarla fuori dal box solo per andare dal prestinaio dietro casa. E invece bisognerebbe farla girare quella supercar. Perché se hai un gioiello al dito non puoi tenere sempre le mani in tasca. Ma l’Autodromo viene trattato così. Eppure fino a prova contraria è il simbolo della città, quello che l’ha fatta conoscere in giro per il mondo. C’è addirittura chi viene da Singapore, snobbando l’affascinante Gp in notturna nel circuito cittadino che si snoda attorno a Marina Bay, perché «questo sì che è un autodromo».

All'esterno lo sanno tutti. Mentre Monza, evidentemente, non se ne rende conto. E si sono stupiti anche gli appassionati di Indianapolis - in visita per rinvigorire un gemellaggio vecchio di vent’anni ma mai coltivato - scoprendo che Monza non ha un suo museo e non c’è nemmeno la possibilità di un tour guidato della pista. Per ora essere entrati nel circuito della Città dei Motori - la rete nata a Maranello nel 2008 che riunisce i comuni del made in Italy motoristico - non ha spostato di una virgola la situazione. La realtà è che nemmeno la ProMonza, l’associazione che promuove e valorizza il turismo artistico, culturale, storico ed enogastronomico della città, dedica attenzione al Tempio della velocità. Propone itinerari turistici nella Monza romana, nei luoghi manzoniani, percorsi dell’acqua, della storia e dello spirito. C’è anche un tour alla Villa Reale e al suo Parco che, però, non fa alcun riferimento all’Autodromo. Una dimenticanza in linea con l’atteggiamento dell’intera città verso un impianto che ha contribuito alla ricchezza e all’immagine di un territorio. Lo si capisce da dettagli su cui invece altre realtà hanno costruito solidi sistemi economici.

Autodromo di Monza

A Venezia, ad esempio, se passeggi lungo i canali puoi comprare una gondola in miniatura da mettere sul buffet del soggiorno, a Roma non vedi altro che modellini del Colosseo, in Sicilia trovi bancarelle che vendono templi da mettere in valigia. Poi arrivi a Monza e non trovi neanche un souvenir che riproduce il simbolo della città. Non c’è un negozio che abbia sugli scaffali anche uno solo degli oggetti griffati “Monza Circuit”, la linea nata quasi vent’anni fa dalla semplice idea di associare a prodotti di buona fattura un marchio in grado di sfruttare anche commercialmente il prestigio di uno dei quattro autodromi più vecchi e importanti del mondo. Cravatte, accendini, mazzi di carte, orologi, cappellini, ombrelli, t-shirt, giacche, felpe, bloc notes o quadernoni ad anelli: di souvenir ce ne sarebbero per riempire i negozi di mezza città. Ma se non vai direttamente nei tre punti vendita dentro l’Autodromo, resti a mani vuote. Tabaccherie, cartolerie, boutique del salotto di Monza non hanno nulla. Anni fa l’Unione commercianti ci aveva provato. Un esperimento durato solo nei giorni del Gran premio. Poi è tornato tutto come prima. Le idee, come questa, ci sarebbero ma non c’è chi ha la forza, la volontà e la costanza di portarle avanti. Non capendo che per Monza perdere la Formula Uno significherebbe sparire dalle cartine geografiche del resto del mondo.

marco.galvani@ilgiorno.net