Mercoledì 1 Maggio 2024

Anche l’amore deve essere senza fare fatica

Viviana

Ponchia

Facciamo la spesa on line e già lo sforzo di ritirare i sacchetti ci sembra eccessivo. Al cinema abbiamo smesso di andare, perché c’è Netflix e perché si evita il vicino con la tosse. Vogliamo perdere dieci chili in un mese e anziché darci da fare deleghiamo a una pillola. Non scriviamo più a mano, non sminuzziamo il prezzemolo senza frullatore, non apriamo il dizionario dall’esame di maturità, tanto c’è wikipedia. E perché mai dovremmo uscire nel mondo a cercare l’anima gemella, sfinirci con il corteggiamento, correre il rischio di sbagliare? Siamo pigri. E insieme, ossimoro fatale, impazienti: il desiderio deve essere soddisfatto subito e senza margine di errore, possibilmente da altri.

L’unica fatica plausibile per gli amanti del ventunesimo secolo è saltare da una piattaforma all’altra. Affidarsi a un algoritmo, al matchmaking, a un Cupido che di sicuro non può sbagliare. Cercare l’amore non deve essere un’esperienza emotivamente stressante come aprire un mutuo a tasso variabile, non deve fare sudare le mani. Che peccato, quando il bello delle cose di cuore sarebbero proprio il mistero, la tremarella, la possibilità dell’agguato. Chissà come, a un certo punto della storia qualcuno decise che da soli non eravamo capaci. Cominciò in sordina nel ‘700, non l’altro ieri (e prima ancora ci pensavano le famiglie a combinare tutto). La rivista femminile Lady’s Monthly Museum fu la prima a consentire di pubblicare un piccolo profilo personale e l’umanità ci prese gusto. Nel 1939 due signore inglesi rivoluzionarono il mondo degli incontri con il Marriage Bureau, che assicurava felicità domestica ma anche passioni shakespeariane. Poi nel ’64 arrivò la "compatibilità computerizzata" di un’altra inglese, Joan Ball, e subito dopo la Dateline di John Richard Patterson. Tinder e le app sorelle arrivano da lì però senza ipocrisia: un amore non basta? Prova di nuovo, ma non ti scomodare.