
di Nino Femiani
Dramma di un quindicenne napoletano: mangia sushi e muore dopo un’agonia durata dieci giorni. I genitori non si rassegnano e chiedono di sapere la verità: "Diteci com’è stato possibile". Luca Piscopo, ragazzo brillante e sportivo, era andato con tre amiche a pranzo in un ristorante cino-nipponico del Vomero, la zona collinare di Napoli. Unagi (l’anguilla), shirako (i pezzi delle viscere del merluzzo) e poi la consueta teoria di piatti crudi: dal salmone, ai gamberetti al pollo teriyaki con qualche incursione nei piatti cinesi come fanno di questi tempi le cucine ’fusion’. Già all’uscita Luca, brillante studente del liceo Pansini di Napoli, inizia ad avvertire un po’ di malessere. Nelle ore successive di quel maledetto 23 novembre la sua condizione si aggrava: vomito, diarrea, febbre alta. I genitori, proprietari di una nota gioielleria nel quartiere di Soccavo, preoccupati si rivolgono al medico di famiglia che gli somministra una terapia farmacologica, nel tentativo di debellare un’eventuale infezione. Il ragazzo migliora, per qualche giorno le cose sembrano andare per il verso giusto, poi un’improvvisa inversione di tendenza. Luca, da tutti considerato un ragazzo in forma e finanche salutista, viene ricoverato in terapia intensiva all’ospedale Cardarelli di Napoli. Non ne uscirà vivo: il 2 dicembre muore.
È una tragedia per la famiglia, sgomenta e sotto choc per l’inspiegabile morte del ragazzo. Dà incarico alla penalista napoletana Marianna BorreIli di presentare una denuncia in procura: "Luca godeva di ottime condizioni di salute. Non intendiamo criminalizzare nessuno, ma vogliamo capire cosa sia accaduto, cosa abbia stroncato la vita di un ragazzo nel fiore dei suoi anni", dice. Un’iniziativa che induce la procura, coi pm Federica D’Amodio e Luigi Landolfi, a disporre l’autopsia. Al momento sono due le persone coinvolte. Con l’accusa di omicidio colposo risultano iscritti nel registro degli indagati il titolare cinese del ristorante, 38 anni, e il medico di base, 61 anni, che gli ha somministrato una terapia a base di antipiretici e fermenti lattici. Dopo il pranzo, pagato 14,99 euro a testa con la formula in voga dell’all you can eat, anche le tre commensali di Piscopo avevano accusato i sintomi caratteristici di un’intossicazione alimentare. A una delle tre ragazze è stata poi diagnosticata un’infezione provocata dal batterio della salmonella, che però raramente porta alla morte.
Il ristorante è tuttora regolarmente aperto perché, in questa fase, gli investigatori non hanno ravvisato elementi tali da suggerire l’adozione di provvedimenti di chiusura. Ma allora cosa può essere successo? Venerdì scorso c’è stata la nomina dei consulenti tecnici Alfonso Maiellaro (medico legale). Oscar Nappi (anatomopatólogo), Tiziana Ascione (infettivoIoga). La loro chiamata in campo delinea uno scenario in cui i due soggetti finiti sotto inchiesta avranno il diritto di nominare i propri periti per dimostrare la correttezza della propria condotta.
Nel mirino delle indagini c’è l’accertamento di eventuali pregressi problemi di salute del ragazzo, ma soprattutto il consumo di pesce crudo che comporta un alto rischio di infezioni alimentari causate da batteri patogeni, oppure da parassiti. Il pericolo maggiore in questi casi ha un nome ben preciso: anisakis. Le larve dei parassiti appartenenti alla famiglia ’anisakidae’ sono neutralizzate solo se il prodotto ittico viene congelato a meno 20 gradi per 24 ore. Per questo motivo è stato a lungo controllato l’abbattitore del ristorante. La tragedia ha suscitato dolore e commozione nel quartiere e tra gli amici del quindicenne, amato e benvoluto da tutti. In memoria del ragazzo, grande tifoso della squadra azzurra, è stato esposto in occasione della partita Napoli- Atalanta, anche uno striscione con la scritta: "Ciao, piccolo Luca".