Roma, 17 giugno 2025 – Da Guida suprema a guida clandestina, forse anche leader in fuga. Sta di fatto che, da ore, dall’ayatollah, Ali Khamenei, non si sa più nulla. Un vero e proprio ‘giallo’ che circonda la sorte dell’uomo che, fino a venerdì scorso, era il numero uno alla guida della Repubblica Islamica, l’unico che, forse per la sua tarda età (sarebbe anche malato e appare raramente in video), gli israeliani non avevano ancora cercato di eliminare. Fino allo scorso fine settimana.
CLANDESTINO SPECIALE
Già dalla portata degli attacchi di venerdì scorso, l’Ayatollah Khamenei ha capito che, questa volta, Israele è deciso a chiudere i conti in modo definitivo con quella che considera la minaccia primaria per la sua esistenza, ossia la Repubblica Islamica. Subito dopo i primi bombardamenti, in cui ha trovato la morte Hosseini Salami, la guida spirituale è stata portata via con tutta la sua famiglia. Verrebbe da dire appena in tempo, visto che sabato i jet di Tel Aviv hanno bombardato la sua residenza privata. E ieri Netanyahu lo ha esplicitato: “Uccidere Khamenei farebbe finire la guerra”. La domanda che ora tutti, dentro e fuori il Paese si pongono è: dov’è Khamenei? Secondo i media iraniani, il successore di Khomeini e tutta la sua famiglia ora si troverebbero nel rifugio sotterraneo di Lavizan, a nord-est di Teheran. Con lui c’è anche il figlio Mojtaba, che è un membro centrale nel sistema di potere iraniano e che, secondo molti, in condizioni normali, avrebbe potuto succedere al padre come Guida spirituale.

BRACCATO E IMPAURITO
Khamenei non lascia l’Iran dal 1989 e non è la prima volta che si rifugia a Lavizan. Lo aveva già fatto due volte. La prima era stata nell’aprile del 2024, durante l’operazione ‘True Promise 1’, il massiccio lancio di missili e droni iraniani contro Israele. In quell’occasione, la Guida suprema era stata nascosta con il solo primogenito Mojtaba. La seconda volta è stato nell’ottobre scorso, in occasione della ‘True Promise 2’. In entrambe le circostanze, la scelta del bunker rivelava la percezione di una minaccia reale e diretta ai vertici del regime. Un timore che oggi si fa ancora più palpabile. A differenza delle altre due volte, oggi Khamenei è un uomo solo. Al comando, ma senza i dirigenti di quel sistema di potere che garantivano non solo l’ordine interno, ma anche il sistema di proxy (come Hezbollah, ndr) che minava la sicurezza di Israele su più fronti. Quando ha capito che Tel Aviv lo teneva in vita solo per un’ultima opportunità per ordinare lo smantellamento completo del programma di arricchimento dell’uranio, non volendolo fare, è letteralmente scomparso dai radar. Il fatto che questa volta abbia portato con sé tutta la sua famiglia può significare più cose.
LA STRADA PER MOSCA
Come Bashar Al-Assad qualche mese fa, anche Khamenei potrebbe essere sulla strada che porta a Mosca, dal presidente Vladimir Putin. Stando alle indiscrezioni che emergono in queste ore, diversi funzionari vicini alla Guida suprema dell’Iran sarebbero in trattative con la Russia per un’eventuale fuga insieme alle loro famiglie se la situazione dovesse precipitare. Un’ipotesi ancora tutta da verificare, ma se fosse così questo appannerebbe ancora di più la credibilità di Mosca come possibile mediatore.