Roma, 9 maggio 2011 -  Decine di migranti africani sono stati lasciati morire di fame e di sete nel mar Mediterraneo, dopo che unità europee e della Nato hanno ignorato le loro richieste di aiuto. E’ quanto denuncia oggi il quotidiano britannico Guardian.

Alla fine di marzo, una barca con 72 persone a bordo, tra cui donne, bambini e rifugiati politici, ha avuto problemi mentre cercava di raggiungere l’isola di Lampedusa. Solo 11 di loro sono riusciti a sopravvivere dopo 16 giorni di deriva (di questi, racconta sempre il Guardian, uno è morto subito dopo, un altro in prigione a Zeitan, in Libia). “Ogni mattina ci svegliavamo e trovavamo nuovi cadaveri, che lasciavamo stare per 24 ore prima di gettarli in mare - ha raccontato uno dei sopravvissuti, Abu Kurke - negli ultimi giorni non ci riconoscevamo, pregavamo, eravamo moribondi”.

Stando all’indagine condotta dal quotidiano britannico, la barca lascia Tripoli il 25 marzo scorso diretta a Lampedusa. A bordo ci sono 47 etiopi, sette nigeriani, sette eritrei, sei ghanesi e cinque sudanesi. I problemi cominciano dopo solo 18 ore di navigazione: i migranti contattano allora padre Moses Zerai, prete eritreo che vive a Roma, il quale a sua volta contatta la Guardia costiera italiana. Gli ufficiali riferiscono a padre Zerai che la barca è stata localizzata a circa 60 miglia a largo da Tripoli e che sono state allertate le autorità competenti.

Poco dopo, sull’imbarcazione in difficoltà appare un elicottero con insegne militari, da cui vengono gettati acqua e cibo. Il pilota invita i migranti, a gesti, a mantenere la loro posizione, garantendo sul prossimo arrivo di una nave per soccorrerli. Ma non arriva nessuno.

Nessun paese ha ammesso di aver inviato l’elicottero, precisa il Guardian. “Noi avevamo allertato Malta che la nave si stava dirigendo nella sua zona di competenza, e abbiamo lanciato un allarme alle navi in navigazione”, ha detto un ufficiale italiano. Da parte loro, le autorità maltesi hanno negato ogni coinvolgimento nella vicenda.
Il 29 o 30 marzo, l’imbarcazione si ritrova però accanto a una portaerei della Nato. Secondo i sopravvissuti, due jet si alzarono in volo e volano bassi sulla loro barca. I migranti mostrano i due neonati presenti a bordo, ma nessuno intervenne.

Stando alle ricerche condotte dal quotidiano britannico, la portaerei in questione sarebbe la francese Charles de Gaulle. Le autorità francesi hanno inizialmente negato la loro presenza nella zona, ma di fronte alle prove mostrate dal Guardian un portavoce ha negato ogni commento.
Da parte sua, un portavoce della Nato ha fatto sapere che non risulta alcuna registrazione riguardo a navi in pericolo o incidenti. “Le unità della Nato sono pienamente consapevoli delle loro responsabilità riguardo la salvezza della vite in mare”, ha aggiunto un funzionario.

“Più di 60 persone sono morte perchè si è abdicato alle proprie responsabilità - ha invece denunciato padre Moses Zerai, che ha tenuto i contatti con i migranti fino a quando non si è scaricata la batteria del loro telefono satellitare - questo è un crimine, e un crimine non può rimanere impunito solo perchè le vittime sono migranti africani e non turisti su una nave da crociera".

 

LA NATO SMENTISCE - La Nato ha categoricamente smentito di essersi rifiutata di aiutare a fine marzo migranti africani la cui imbarcazione era alla deriva tra la Libia e l’isola italiana di Lampedusa. “La Nato ha preso conoscenza di un articolo di un giornale che indica che una porta-aerei della Nato ha lasciato morire in mare 61 migranti, il 29 o il 30 marzo, tra Tripoli e Lampedusa”, ha indicato un portavoce dell’organizzazione, alludendo a un’inchiesta pubblicata ieri dal quotidiano britannico Guardian, secondo cui l’alleanza atlantica ha deliberatamente ignorato questo naufragio.