di PIERLUIGI VISCI
DALLE tredici di ieri, sabato 7 maggio 2011, una piazza di Bologna, porta il nome di Giovanni Spadolini. Un omaggio allo statista scomparso il 4 agosto 1994 a 69 anni d’età. Un omaggio al grande storico del Risorgimento italiano, fatto opportunamente cadere nel 150mo anniversario dell’Unità d’Italia. Per noi, soprattutto, un omaggio al direttore che resse il Resto del Carlino per 13 anni, dal 1955 al 1968.

Tredici anni meno dieci giorni. Statista e Direttore de il Resto del Carlino recita ora la targa che lo ricorda nella piazza centrale di un giardino pubblico nell’immediata periferia bolognese. Un luogo per i bambini che, solare e allegro come l’abbiamo visto ieri, penso gli sarebbe piaciuto. Intanto perché è a Bologna, città nella quale arrivo a 29 anni e che ha sempre portato nel cuore. Anche quando la carriera giornalistica lo porterà a Milano per la direzione del Corriere della Sera, poi a Roma per quella politica: senatore; leader dei repubblicani dopo Ugo La Malfa; ministro per i Beni Culturali, la Pubblica Istruzione, la Difesa; due volte Presidente del Consiglio e infine Presidente del Senato. Un cursus honorum di raro prestigio.

NEGLI anni a venire, qualsiasi ruolo politico o istituzionale ricoprisse, Spadolini è sempre tornato a Bologna, al «suo» Carlino e alla gloriosa Università, che nel nono centenario (1989) lo insignì della laurea honoris causa. Anche per questo Bologna non poteva dimenticarlo e questa intitolazione (che arriva 17 anni dopo la morte), è un atto importante. Siamo contenti, come Carlino, di averlo sollecitato tre anni fa all’allora sindaco Sergio Cofferati, che rispose positivamente. E ancor più soddisfatti del risultato ora raggiunto con il commissario Anna Maria Cancellieri, che ha voluto collocare questo atto nel 150mo dell’Unità d’Italia, con un collegamento ideale a quel Risorgimento del quale era così profondo studioso. E che non a caso trova citazione proprio nel fondo d’esordio sulle colonne del Carlino.

«NEL MOMENTO stesso di assumere la direzione del Resto del Carlino — scriveva il 20 febbraio 1955 — non posso pensare, senza un fondo di commozione, a quello che Bologna ha rappresentato nella storia del Risorgimento e dell’Italia moderna». Da uomo del dialogo e con impareggiabile sintesi, nello stesso articolo legava tutti i principali filoni culturali dell’epoca risorgimentale: «Bologna ha simboleggiato con Marco Minghetti i valori più alti del liberalismo della vecchia Destra; ha conservato e alimentato la tradizione repubblicana di Mazzini; ha promosso le prime forme del socialismo generoso e cavalleresco, alla Andrea Costa, ha assistito alle prime battaglie della Democrazia Cristiana di Romolo Murri contro le angustie della vecchia opposizione cattolica e dell’antica intransigenza clericale». Di scritti, in tredici anni, Spadolini ne ha lasciati tanti da riempire sette volumi di articoli che il suo allievo Cosimo Ceccuti, ha raccolto.


In uno di questi articoli formulò la tesi del «Tevere più largo», in un altro propose il 20 settembre, giorno della Breccia di Porta Pia, festa religiosa perché aveva liberato la Chiesa dagli assilli temporali che le impedivano di dispiegare appieno la sua missione spirituale. Come politico fu intransigente nella difesa dei valori della democrazia, dell’unità nazionale, della pulizia morale. Morì all’alba di Tangentopoli. Come direttore disegnò un Carlino liberaldemocratico, moderato, pluralista e soprattutto libero. Un modello che è nel nostro Dna.