ROMA, 26 gennaio 2010 - IMPIEGATI infedeli? Nessuno si salva, neanche la Camera dei deputati. La caccia ai truffatori dal «cartellino facile» questa volta avrebbe impallinato un manipolo di dipendenti di Montecitorio molto abili nell’uso del badge. Si tratta in tutto di una decina di persone, impiegati e commessi, che ora sono stati iscritti sul registro degli indagati per truffa e falso. Il fascicolo è nelle mani di un pubblico ministero romano incaricato dal procuratore Ferrara e già specializzato nello scovare i «furbi». Si parla di utilizzo di badge non autorizzati se non addirittura falsi o di «passaggio» di mano di cartellini segna-presenze da un dipendente all’altro. Le tessere magnetiche sarebbero state utilizzate in modo distorto per testimoniare presenze al lavoro mentre, in realtà, i legittimi titolari si trovavano altrove. Ad accorgersi che qualcosa non quadrava nelle presenze degli impiegati è stata la stessa Camera dei deputati che ha monitorato la situazione e poi girato una dettagliata relazione agli uffici della Procura. Così è scattata l’inchiesta.


Il malcostume è esteso e, a quanto pare, non risparmia neanche il tempio della politica. Del resto gli stessi uffici giudiziari romani, in tempi recenti, si erano trovati a indagare su altri impiegati infedeli «di rango», ovvero dipendenti della suprema Corte di Cassazione. In quel caso gli accertamenti sono molto più avanti e per una decina di «infedeli» si prospetta il rinvio a giudizio. L’accusa, anche per questi, è di truffa ai danni dello Stato.

MA TUTTO il mondo è paese. Non c’è un Comune, in Italia, che sembri immune dalla piaga dei furbacchioni che intascano lo stipendio, ma, in realtà, fanno altro. Soltanto qualche giorno fa sei dipendenti della Provincia di Perugia sono finiti agli arresti domiciliari per essersi ripetutamente allontanati, durante l’orario di lavoro, dal posto di servizio. Così come, nel marzo dell’anno scorso, erano finiti in manette 36 dipendenti del Comune di Portici che, in orario di lavoro, si allontanavano per andare a fare la spesa o, addirittura, per prestare servizio altrove. Nello stesso mese scattò l’arresto anche per un medico di Napoli che dimenticava di timbrare il cartellino quando, nella pausa pranzo, se ne tornava felicemente a casa per uno spuntino in famiglia. Nei guai era finito, nel 2009, anche un alto dirigente dei vigili urbani di Siracusa colpevole di non avere «visto» i sottoposti allontanarsi in orario di servizio o tralasciare il pattugliamento esterno.
 

Ma la Camera stessa ha i propri precedenti in materia di infedeltà. Giusto un anno fa era stato confermato il licenziamento di un commesso che, per mesi, non si era presentato al lavoro senza fornire giustificazioni.

UN ELENCO infinito, quello degli imbroglioni a mezze maniche, nel quale figurano custodi, ma anche dirigenti comunali, provinciali o regionali. In Calabria, per fare le cose in grande, un’inchiesta su questi temi ha portato alla denuncia di 68 persone dell’azienda sanitaria di Crotone. Non va meglio al Nord e in particolare in Trentino: sia nel Comune di Moena sia nel Comprensorio ladino di Fassa hanno dovuto fare i conti con gli infedeli: in tutto quattro persone che facevano altro. Ne sanno qualcosa all’Ufficio delle entrate di Bologna o al Comune di Borgo San Lorenzo, dove è stato scoperto che un vigile urbano era, in contemporanea, postino a Firenze.