{{IMG_SX}}Perugia, 27 febbraio 2009 - "Amanda mi chiese carta e penna perchè aveva intenzione di scrivere e mi disse: voglio farti un regalo". Ha ricordato così oggi in aula, l’ispettore capo, Rita Ficarra, in servizio presso la squadra mobile di Perugia, il momento in cui, la mattina del sei novembre 2007, dopo il fermo della Knox e le sue dichiarazioni che tirarono in ballo il musicista congolese Patrick Lumumba, la giovane studentessa di Seattle chiese di poter avere carta e penna per scrivere quello che è poi stato definito il memoriale di Amanda.

 

Amanda mi consegnò la lettera e mi disse di leggerla prima che lei fosse portata in carcere - ha ricordato l’ispettore Ficarra -. Mi disse che leggendola avrei potuto avere una idea più chiara di quello che era accaduto la sera del delitto e di quello che lei aveva voluto dire durante l’interrogatorio. Ci disse anche che, se avevamo dei dubbi, dovevamo farle le domande prima del suo trasferimento in carcere".

 

Il memoriale di Amanda prende corpo a distanza di poche ore dal suo interrogatorio durante il quale, per la prima volta, tira in ballo Lumumba, additandolo come l’autore dell’omicidio di Meredith Kercher. "In questura era in corso l’interrogatorio di Raffaele Sollecito - ha ricordato l’ispettore -. Ad un certo punto i miei colleghi mi dissero che Sollecito stava dicendo cose diverse e non forniva più un alibi ad Amanda. Mi dissero quindi di sentire la ragazza e di chiederle cosa avesse fatto la sera dell’uno novembre. Amanda rimase inizialmente stupita. Le chiedemmo di mostrarci il suo cellulare e lei lo fece spontaneamente. Trovammo un messaggio in uscita, intorno alle 20, 20.30 del primo novembre, inviato a Lumumba. Quando le mostrammo l’sms chiedendole chi era questa persona, per un attimo è rimasta a guardarlo, dopo di chè è scoppiata a piangere, ha messo le mani in testa e lo ha accusato di essere l’autore del delitto".

 

"È lui...è lui...è stato lui ad ucciderla" avrebbe quindi detto Amanda riferendosi a Patrick Lumumba. L’ispettore Ficarra ha sottolineato che "Amanda in questura non è stata mai trattata male" e che "è stata fatta riposare e mangiare". Nei ricordi dell’agente della mobile anche l’immagine di Amanda in questura, la sera del cinque novembre. "La vidi vicino alla porta dell’ascensore - ha riferito la funzionaria - mentre stava mostrando le sue abilità ginniche, facendo la ruota e la spaccata. Un comportamento che non mi parve consono al posto e alla situazione tanto che sgridai la ragazza. Amanda fu rimproverata anche perchè continuava ad avere un comportamento non idoneo. In questura continuava a sbaciucchiarsi e abbracciarsi con Raffaele".

 

Durante la deposizione precedente, la responsabile della sezione omicidi della questura di Perugia, Monica Napoleoni, aveva parlato di una impronta di scarpa femminile rinvenuta sul cuscino accanto al corpo di Meredith e mai attribuita.

 

"MI HANNO MALTRATTATO"

 

Raffaele Sollecito ha sostenuto che la notte tra il 5 e il 6 novembre del 2007, quando venne fermato per l’omicidio di Meredith Kercher, voleva chiamare il padre dopo essere stato portato in questura per essere interrogato, ma questo gli venne impedito. Sollecito oggi pomeriggio ha reso una dichiarazione spontanea davanti alla Corte d’assise di Perugia.

 

Il giovane ha anche sostenuto di avere ‘’chiesto di sospendere il verbale per avere un avvocato ma anche questo mi e’ stato negato’’. Sollecito ha cominciato la sua dichiarazione spontanea dicendo di non volere fare accuse ma di avere sentito ‘’cose non precise. Riferendosi sempre alla notte tra il 5 e il 6 novembre ha sostenuto di ‘’avere fatto presente alla polizia di voler contattare mio padre sul cellulare o su altre utenze, ma mi hanno negato questo’’.

 

’’Durante l’interrogatorio - ha proseguito - mi hanno chiesto di togliermi le scarpe e sono stato lasciato a piedi nudi, scalzo. Sono stato lasciato cosi’ fino alla mattina successiva’’. Sollecito ha affermato che non gli venne detto il motivo di quanto stava succedendo. ’’Ho anche chiesto - ha affermato il giovane pugliese - di sospendere il verbale e di avere un avvocato ma anche questo mi e’ stato negato. Sono stato poi portato in carcere e anche qui non ho potuto parlare con nessuno fino a quando sono comparso davanti al Gip’’.

 

Sollecito ha infine fatto ‘’un chiarimento’’ su una confidenza ad Amanda, della quale hanno parlato oggi gli investigatori, sull’uso di stupefacenti oltre all’hashish. ’’Questa confidenza - ha spiegato - c’e’ stata. E’ stato, se cosi’ lo posiamo chiamare, un esperimento che ho fatto quando avevo 17-18 anni. Non ho mai piu’ toccato niente di simile. Ho fatto uso di cannabis, questo si legge dagli atti. Lascio a voi le conclusioni’’.