{{IMG_SX}}Roma, 23 luglio 2007  - Una vita discreta, lontana dalla politica e dall'Italia e votata alla musica. Giuliano Gramsci, morto a Mosca a 81 anni, ha portato con sobrietà e rispetto per decenni il suo cognome "pesante", anche se il padre Antonio, uno dei più grandi intellettuali italiani e tra i fondatori del Pci, non lo conobbe mai.

 

Quando, nel novembre del 1926, Gramsci venne arrestato per essere sottoposto al processo del tribunale speciale fascista, la moglie Giulia infatti era già a Mosca, dove poco prima, il 30 agosto dello stesso anno, aveva visto la luce Giuliano, secondogenito del leader comunista dopo Delio. Per i familiari di Gramsci cominciano anni difficili, fatti di lontananza, di lettere, di rarissime visite.

 

Le numerose lettere di Antonio ai due figli, recentemente pubblicate nel volume "Ai figli. Lettere dal carcere" che raccoglie 42 missive, sono affettuose e apprensive, anche se con un velo di lontananza obbligata. "Hai visto il mare per la prima volta - scrive Gramsci al figlio piccolo - Hai bevuto molta acqua salata facendo i bagni? Hai preso pesciolini vivi o dei granchi? Io ho visto dei ragazzetti che prendevano dei pesciolini nel mare con un mattone bucato...".

 

 

Giuliano ha 11 anni ed è a Mosca quando il padre muore, stroncato dall'arteriosclerosi. Comincia per lui una seconda vita, quella della musica, passione intensa e precoce che lo porterà ad essere uno stimato professore di flauto e clarino presso il conservatorio della capitale russa. Solo negli ultimi anni Giuliano ha accettato di parlare del padre: è stato durante una singolare polemica tutta in famiglia con la figlia Olga, che parlò di un'ipotesi di avvelenamento per Gramsci in carcere. "Sciocchezze", liquidò l'argomento Giuliano. Ed è di recente pubblicazione il volume di Anna Maria Sgarbi "Giuliano Gramsci, lettere a mio padre".

 

Le lettere ideali di Giuliano al padre sono venti. "Caro papà - scrive nelle prima - sono invecchiato, ho ottant'anni...Tu sei sempre quello, giovane, intelligente, acuto e anche bello...Non ti ho mai toccato con le mani, ma ti ho sempre accarezzato sulla carta e ti ho anche abbracciato nei sogni". E poi il ricordo della mamma sconvolta e in lacrime che dà ai ragazzi la terribile notizia: "Papà è morto". "Ebbi un colpo alla testa come di un badile che ti stacca il cranio - scrive Giuliano -. Non ti avrei mai visto. A undici anni ti aspettavo, da anni ti aspettavo. Avrei sentito il tuo odore, l'odore del mio papà...". E nel commiato di Giuliano Gramsci ai suoi lettori c'è una nota amara: "Studiato in tutto il mondo - scrive nel messaggio finale al padre - tu sei stato quasi dimenticato in Italia. Forse oggi anche la sinistra italiana non ama più il pensiero, forse anch'essa è salita sul carro della cultura intesa come esibizione e spettacolo".