Venerdì 17 Maggio 2024
GABRIELE CANE'
Archivio

Nessuno chieda all’aggredito di arrendersi

Siccome se ne parla, si invoca, si prega, proviamo a ricordarci di cosa si tratta. Secondo Wikipedia, la pace è "...caratterizzata dalla presenza di condivisa armonia e contemporanea assenza di tensioni e conflitti". Per dirla semplice: la pace è una cosa che non si fa da soli. Come in chiesa quando il sacerdote chiede di scambiare un segno: non ci diamo una carezza, ma stringiamo la mano di chi sta attorno. E gli altri la stringono a noi. Il Conte in abiti Gandhiani, l’ondata pacifista che sta per riversarsi nelle piazze e che scorre in molti media, ha dunque un evidente vizio di fondo: presuppone che esistano due contendenti alla pari, stanchi di combattersi; in particolare l’aggressore, quello che ha invaso un altro Stato, ucciso e distrutto. Le cose però non stanno così: se Kiev non ha nessuna voglia di restare schiacciata sotto il tallone di Mosca, la Russia, quella che ha scagliato la prima pietra, agita e attua minacce sempre crescenti. Se si manifesta per chiedere la pace senza puntare il dito contro chi ha fatto la guerra e che resta dunque il primo a dover fermare le armi, non si lancia un nobile grido di dolore, un appello dal valore universale. Si sventola solo la bandiera oramai stinta che sta ancora su qualche balcone, e di cui non si ricorda neppure quando e perché è finita lì (in genere contro qualcosa targato Usa). Si invoca, in concreto, la resa dell’aggredito, ferito, mutilato. Come se la Grecia avesse occupato Calabria e Puglia, e noi ci dovessimo sedere al tavolo mentre loro continuano a bombardare Roma e Napoli. Dunque, bene la manifestazioni di oggi all’ambasciata russa, il Paese che ha violato la pace, a cui ha aderito il segretario del Pd Letta. Bene una Meloni che sta dalla parte giusta e un Salvini che ha altro a cui pensare. Bene una diplomazia aperta ma non equidistante, che muove già qualche passo incerto. Ne faccia altri. L’unico modo serio per parlare di pace.