Mercoledì 24 Aprile 2024

L'icona non c'è più

La stella di Macron sembra volgere al declino. Era prevedibile, e comunque la misura per ora non è tale da metterlo fuori dai giochi futuri della politica francese. Non bisogna dimenticare che era riuscito ad affermarsi alle presidenziali del 2017 per una incredibile serie di circostanze fortunate che hanno azzoppato i concorrenti alla sua destra e alla sua sinistra. Grazie alle peculiari regole istituzionali transalpine, si è ritrovato quindi con pieni poteri pur avendo alle spalle il consenso sincero solo di un quarto dell’elettorato. Le enormi aspettative della luna di miele non potevano durare. Peraltro, in Francia le esplosioni di protesta sono ricorrenti.

Quelle contro Sarkozy nel 2010 o contro Hollande nel 2016 fecero molto più rumore dei gilet gialli. Inoltre, la crescita della Le Pen, paradossalmente potrebbe aiutarlo: togliendo voti ai repubblicani, potrebbe riconsegnargli il ruolo di baluardo verso la stessa Le Pen al secondo turno delle presidenziali. È chiaro però che è azzoppato. Il suo partito rischia di arrivare secondo alle europee e di non riuscire a eleggere il sindaco di Parigi nel 2020. Per la politica interna francese sarebbe più cocente la seconda sconfitta. Il solo fatto che la prima sia plausibile annichilisce il suo ruolo di leader continentale su cui aveva scommesso, fin troppo, una parte del Pd.

Anche in passato, Blair e Obama, ad esempio, sono stati presi a modello da politici italiani che si sono accreditati, più o meno credibilmente, come interpreti della stessa corrente di pensiero. Macron era stato invece visto addirittura come il capo di una specie di partito europeo a cui accodarsi. Stramba idea, a dire il vero, in un momento in cui gli elettori cercano soprattutto leader capaci di tutelare l’interesse nazionale. In ogni caso, se è vero che Renzi o una parte dei renziani pensano a una scissione, a questo punto dovranno cercare un’altra icona e un altro alibi.