Venerdì 26 Aprile 2024

Elezioni 2018, l'ultima follia dell'Agcom: par condicio anche per i giornalisti

Nei salotti tv l'opinionista dovrà dire da che parte sta

Elezioni politiche (Luca Castellani / FotoCastellani)

Elezioni politiche (Luca Castellani / FotoCastellani)

Roma, 12 gennaio 2018 - Domanda: è possibile che da una stupidaggine nascano idee intelligenti? Risposta: molto difficile. Infatti, più la completano, la aggiornano, la rifiniscono, più la par condicio , da sciocchezza finto pluralistica, diventa avanspettacolo. Già l’idea in sé è strampalata. Passi l’emittenza pubblica con o senza canone, ma perché mai una televisione privata non deve avere il diritto di essere di parte in una campagna elettorale? Perché il conduttore, una specie semi umana prosciugata da qualunque idea o sentimento, deve vivere pure con il cronometro in mano per far corrispondere a un intervento di un colore quello di un colore opposto o diverso? E chi li decide i colori? I 5Stelle, ad esempio, sono libertari, qualunquisti, di sinistra, o in certi casi tanto a sinistra da essere di destra? Boh? Se si invita Casa Pound perché si candida a livello territoriale, che si fa? Si convince un anarchico a uscire dalla clandestinità per sedersi di fronte a una telecamera?

Insomma, nessun dubbio che al fondo della scellerata disposizione vi sia un inconfessabile calcolo politico e un ancor più inconfessabile disprezzo per il cittadino; il quale, fornito dell’arma letale del telecomando, è capacissimo di guardare ciò che gli pare più interessante, più equilibrato, e, perché no, più sfacciatamente vicino alle proprie idee.

Bene, detto questo, veniamo all’oggi, e al nuovo regolamento emanato dal garante per le telecomunicazioni. Cosa si è inventato per le emittenti private in vista dell’appuntamento del 4 marzo? Che se a un dibattito partecipa un opinionista, deve essere presente anche un opinionista contrario.

«Laddove il format del programma preveda l’intervento di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi, deve essere garantito uno spazio adeguato alle rappresentanze di altre sensibilità culturali», intima l’Agcom. Spiegando che tutto ciò è «in ossequio non solo al principio del pluralismo, ma anche del contraddittorio, della completezza e dell’oggettività dell’informazione stessa, garantendo in ogni caso la verifica di dati e informazioni dal confronto».

Par di capire, insomma, che per dire la propria in una trasmissione politica, bisognerà fare outing. «Ebbene sì, lo confesso, amo Grasso e la Boldrini», tanto per fare un esempio. E immediatamente dovrà materializzarsi in studio un tizio vestito di verde e con la voce roca che sventola la bandiera della Padania libera.

Follia pura. E pure liberticida. Perché, ci dovrà pur essere la libertà di non essere per forza schierato. Ci dovrà essere la possibilità di non avere un colore, un’etichetta. Se il voto è segreto, perché nelle tv private un cittadino deve dire per forza come la pensa? Forse dovrà intervenire il garante della privacy. O un garante che ci garantisca dalle sciocchezze. E dai garanti.