Sanremo e l’Iran

Sto per avventurarmi in un cespuglio di rovi, e ne sono pienamente consapevole. Però ci sono due notizie, una di ieri e una di oggi, che mi hanno colpito in modo completamente diverso eppure più vicino di quanto possa sembrare. E vorrei provare con voi a ‘metterle a sistema‘, sperando di riuscire a farmi capire […]

Sto per avventurarmi in un cespuglio di rovi, e ne sono pienamente consapevole. Però ci sono due notizie, una di ieri e una di oggi, che mi hanno colpito in modo completamente diverso eppure più vicino di quanto possa sembrare. E vorrei provare con voi a ‘metterle a sistema‘, sperando di riuscire a farmi capire senza urtare nessuno.

La prima è più ‘seria’: ieri Mauro Berruto, ex ct azzurro, oggi parlamentare in forza al Pd, ha scritto una lettera all’ambasciatore dell’Iran in Italia, Mohammad Reza Saburi, nella quale chiede il patrocinio politico della condannata a morte Fahimeh Karimi. “Egregio Ambasciatore, Le scrivo in riferimento alla situazione di Fahimeh Karimi, allenatrice di pallavolo, madre di tre figli e condannata a morte. Arrestata durante una manifestazione è attualmente detenuta presso il carcere di Khorin, a Pakdasht. La pena inflitta è umanamente, moralmente e giuridicamente inaccettabile e non c’è evidenza di regolare processo a suo carico”.

La notizia di oggi riguarda Paola Egonu, che è appena stata annunciata da Amadeus come una delle co-conduttrici del prossimo Festival di Sanremo: “Ciao ragazzi, ho una bellissima notizia, che non vedevo l’ora di condividere con voi. Ci vediamo a febbraio al Festival di Sanremo. Mi raccomando, non mancate”, ha postato Paola sui suoi social.

Ora, mi rendo conto che non ci siano due notizie più distanti di queste per valore ideale.

Da una parte persone che rischiano la vita per le loro idee, dall’altra la futilità del mondo delle canzonette. Eppure in realtà due parole che accomunino queste due storie ci sono: pregiudizio e integrazione. Il pregiudizio è quello che rischia di spostare, come succede troppo spesso in questo mondo invaso dalla morale binaria dei social (like o dislike, senza vie di mezzo), l’attenzione sui personaggi e non sul messaggio vero. Perché ormai sembra che non si possano affrontare ragionamenti senza logiche di squadra, o di branco. Quindi il problema non è più quello che Berruto chiede, ma se Berruto è simpatico o antipatico a chi commenta. E anche se stanno partendo solo adesso, mi aspetto che nei confronti della Egonu arrivino commenti altrettanto acidi da parte dei detrattori, al fianco di quelli entusiasti dei suoi tifosi.

L’integrazione al momento è forse il grande miraggio del nostro mondo moderno, invece. E mi dispiace molto, facendo parte di quella quota degli umani che credono nella differenza come occasione di arricchimento. Ma anche se assistiamo a spettacoli miseri, a insulti di un livello che crediamo impossibile per gli umani (a noi per un titolo sbagliato da un direttore, qualche anno fa, augurarono morte collettiva a tutti i colleghi, per dire), è una lotta che non possiamo smettere di portare avanti. Quella delle idee è una semina lunga, ma se pensiamo a come parliamo oggi di certi temi che dovrebbero essere di una umanità ovvia, dall’identità sessuale alla disabilità solo per fare due esempi, e se pensiamo a come lo facevamo anche solo venti anni fa, credo che valga la pena di essere combattuta.

Se vedendo la Egonu sul palco di Sanremo una bambina italiana di seconda generazione troverà la forza per non farsi negare sogni e diritti, sarà già abbastanza. Se sentendo la solidarietà dei Berruto che ci sono nel mondo una ragazza iraniana proverà a cambiare le cose in patria, sarà già abbastanza.

Il resto arriverà.