La scuola della sconfitta

Qualche giorno fa a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia, mi è capitato di presentare una serata dedicata al volley e inserita all’interno di un bel ciclo di incontri pubblici che hanno toccato anche Formula 1, calcio per disabili, basket. Abbiamo parlato della gestione della vittoria e della sconfitta con Carolina Zardo, libero della Canovi […]

Qualche giorno fa a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia, mi è capitato di presentare una serata dedicata al volley e inserita all’interno di un bel ciclo di incontri pubblici che hanno toccato anche Formula 1, calcio per disabili, basket.

Abbiamo parlato della gestione della vittoria e della sconfitta con Carolina Zardo, libero della Canovi Sassuolo, e con Andrea Sartoretti, ex campione azzurro e attualmente direttore generale dell’Azimut Modena, la squadra che ha raccolto l’eredità della Panini, per farci capire anche da chi non frequenta il volley abitualmente.

La serata a me è piaciuta molto, perché mentre scorrevano domande e risposte si è creato il clima giusto. Carolina è una ragazza molto intelligente, già laureata in scienze della nutrizione, a pochi esami dalla laurea magistrale. Da buon libero, è equilibrata e capace di pensare anche per gli altri, obbligata a una doppia razione di altruismo in uno sport come la pallavolo che è geneticamente di squadra, perché da solo non riesci proprio a giocare.

Andrea Sartoretti, come avrebbe detto il bravo presentatore, non ha bisogno di presentazioni. Dovrebbe bastare dire che è uno dei quattro atleti degli sport di squadra italiani ad aver vinto tre medaglie olimpiche consecutive, cosa riuscita solo ai pallavolisti (Papi ne ha 4, a 3 ci sono anche Tofoli e Giani).

Sartoretti ha detto una cosa che mi è piaciuta molto, tanto da portarci a teorizzare il valore istruttivo della sconfitta, a maggior ragione in un mondo nel quale stiamo insegnando ai nostri figli che solo chi vince è figo, e chi perde è uno sfigato.

“Io mi ricordo molte vittorie, ma delle sconfitte non ne ho dimenticata neanche una. Perché sono quelle che mi hanno spinto a migliorare“.