Il figlio della Egonu

L’ha toccata piano, come suo solito. Mi aspettavo che Paola Egonu facesse il suo monologo a Sanremo parlando del razzismo che ha vissuto sulla sua pelle, è proprio il caso di dirlo. Evidentemente ha in mente altro perché è difficile pensare che possa alzare l’asticella, nonostante la platea del Festival, rispetto a quello che ha confidato […]

L’ha toccata piano, come suo solito. Mi aspettavo che Paola Egonu facesse il suo monologo a Sanremo parlando del razzismo che ha vissuto sulla sua pelle, è proprio il caso di dirlo. Evidentemente ha in mente altro perché è difficile pensare che possa alzare l’asticella, nonostante la platea del Festival, rispetto a quello che ha confidato in una lunga intervista a Vanity Fair. Che riassumo in alcuni stralci, ovviamente non valgono tutta l’intervista, ma fanno capire come la pensi l’opposto della nostra nazionale.

  1. È un mondo di merda. Spero che presto arrivi l’Apocalisse”.
  2. “Mi chiedo a volte se sia il caso di mettere al mondo dei bambini. Se mio figlio sarà di pelle nera vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?”.
  3. “Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca, ma non lei. Sa che in alcune filiali si entra attraverso porte girevoli, aperte e chiuse dagli impiegati all’interno? Ecco, a lei non la aprivano. La cosa che mi fa più male è che non si arrabbia neanche: è normale, mi dice. Ci hanno anche insegnato a non mettere mai le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusati di furto. Ancora oggi, se ho il cellulare in tasca e devo mandare un messaggio, aspetto di uscire”.
  4. Sulla relazione che aveva con l’altra pallavolista Katarzyna Skorupa. “I miei l’hanno presa malissimo. Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Certe cose capitano e basta. Io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali?“.

Ora, sul razzismo credo che chi non l’ha subito non abbia diritto di ribattere (io al massimo son stato preso in giro da bambino per il nome da cracker, da grande per il girovita abbondante, ma me ne faccio una ragione, e del nome ormai sono fiero). Sugli orientamenti sessuali, idem o quasi (finché se ne deve parlare, è un brutto segno). Magari si può fare qualche ragionamento in più sul ruolo che Paola sta assumendo. Piaccia o no, l’impressione è che ormai lo sport sia passato in secondo piano. Ovviamente lei è liberissima di pensare e dire quello che vuole, anzi: è giusto che lo faccia. L’importante è che chi le consiglia tempi e modi per certi uscite (o non le consiglia, magari fa tutto da sola) sia consapevole dell’effetto delle parole. E’ successo a tanti campioni: una volta diventati famosi, hanno dovuto subire il lato oscuro della fama, la richiesta di intervenire su tutto lo scibile umano. E non tutti sono riusciti a mantenere il focus sullo sport, quando era il momento di fare l’atleta.

Spero che Paola ci riesca, se e quando tornerà a vestire la maglia azzurra. E che la prossima volta che gioca male nessuno le possa dire che era distratta da altro…