I social di Mazzanti

Io non sono rimasto sorpreso, dalle dichiarazioni del ct Davide Mazzanti sul peso dei social. Perché credo di aver capito il vero senso del suo discorso, mentre molti si sono fermati ad un’analisi troppo superficiale, mi sembra. E perché me l’aveva già fatto, quel discorso, in tempi non sospetti.   Questo è il ritaglio di […]

Io non sono rimasto sorpreso, dalle dichiarazioni del ct Davide Mazzanti sul peso dei social. Perché credo di aver capito il vero senso del suo discorso, mentre molti si sono fermati ad un’analisi troppo superficiale, mi sembra. E perché me l’aveva già fatto, quel discorso, in tempi non sospetti.

 

Questo è il ritaglio di un pezzo uscito più di tre anni fa, nel marzo del 2018. E io sono convinto che le parole recenti di Mazzanti puntassero a fare capire che alle azzurre è pesata, nella testa, più la marea di critiche e dubbi che le hanno investite sui social, che non la distrazione per il tempo passato sugli smartphone.

La pallavolo è uno sport in cui la testa fa una grandissima differenza, anche se sei alto due metri e pesi più di cento chili. Nella pallavolo femminile ancora di più. E allora anche senza voler dare peso ai leoni da tastiera che hanno per disciplina olimpica personale il lancio dell’offesa gratuita, leggere che la gente non aveva fiducia nella palleggiatrice, che pensava che la Egonu fosse distratta dalle bandiere da portare, che non si meritava tutta quella fama, tutte queste piccole cose insieme possono avere scavato la roccia della fiducia.

Io credo che Mazzanti volesse dire questo, e aggiungo una cosa, dopo aver precisato che ogni critica, espressa in modo umano, è lecita e un’atleta professionista deve saperci fare i conti.

I social non sono il male, sono solo lo specchio della società, deformato dalla troppa facilità con cui si esprime un giudizio. I social per natura non sono riflessivi, sono aggressivi ed esibizionisti. Ma poi i contenuti ce li mettono le persone. E anche il peso da dare alle critiche che si leggono lì sopra, lo decide chi queste critiche le legge.

Le critiche fanno parte delle regole del gioco, ma durante una Olimpiade isolarsi può essere funzionale a una migliore resa in campo. Nessuno può cambiare il corso di una storia che al momento ha preso questa piega, nelle passioni dei giovani e anche degli adulti. Ma il consiglio di Mazzanti, lungi dall’essere la ricerca di un alibi come tanti provocatori in servizio permanente effettivo hanno voluto credere, è quello di un allenatore che cerca di mettere la sua squadra nelle condizioni di rendere al meglio. Come consiglia quanto dormire e che cosa mangiare, ha il diritto e il dovere di consigliare come comportarsi su un tema che incide sul riposo mentale.

A Tokyo Mazzanti non c’è riuscito, a far rendere al meglio la sua squadra. Anche per qualche errore suo. Ma liquidare le sue parole come le giustificazioni di uno che ha perso significa non voler andare oltre la superficie.

E mi sembra il modo migliore per perdere ancora.