Don’t do it

Ci vorrebbe qualcuno più preparato di me, o forse solo più intelligente. Perché nel momento in cui Twitter comincia a fare le pulci a un presidente degli Stati Uniti come Trump, nel momento in cui l’America si infiamma per la morte di George Floyd e un’azienda come la Nike decide di prendere posizione con uno […]

Ci vorrebbe qualcuno più preparato di me, o forse solo più intelligente. Perché nel momento in cui Twitter comincia a fare le pulci a un presidente degli Stati Uniti come Trump, nel momento in cui l’America si infiamma per la morte di George Floyd e un’azienda come la Nike decide di prendere posizione con uno spot come questo, a me sembra che sul piano mediatico sia in corso un’escalation.

Certo, non è la prima volta che i social dimostrano di saper essere molto invasivi e pervasivi. E non è nemmeno la prima volta che la Nike scende in campo su temi sociali. Ci deve anche essere un genio del marketing dietro questa mossa, uno capace di cambiare lo slogan storico (‘Just do it’) facendolo tornare in mente a tutti nel suo specchio, ‘Don’t do it‘, dove il ‘non farlo, stavolta’ è rivolto alla scelta di negare che negli Stati Uniti ci sia il razzismo.

A me sembra che qualcosa stia succedendo, se certi valori diventano materiale per pubblicità, o se è uno spot a dover indicare la via della morale.