Braveheart vs. Euchessina

Chi di noi non ricorda il monologo di Al Pacino in ‘Ogni maledetta domenica‘, quello sulla vittoria da conquistare centimetro dopo centimetro? Quando lo vidi per la prima volta a me capitò fin da subito, forse per come lo avevano sistemato con il trucco, di pensare che Al Pacino mi ricordava tantissimo Julio Velasco. Non […]

Chi di noi non ricorda il monologo di Al Pacino in ‘Ogni maledetta domenica‘, quello sulla vittoria da conquistare centimetro dopo centimetro?

Quando lo vidi per la prima volta a me capitò fin da subito, forse per come lo avevano sistemato con il trucco, di pensare che Al Pacino mi ricordava tantissimo Julio Velasco. Non sono mai stato dentro uno spogliatoio per assistere ad un suo discorso motivazionale, ma ho sentito i racconti dei giocatori che soprattutto a metà degli anni ottanta, quando Julio cambiò la convinzione del nostro volley e lo fece diventare grandissimo, ascoltavano le sue parole e uscivano con i famosi ‘occhi della tigre’.

Ecco, l’incredibile estate 2022 del volley azzurro, che a mondiali femminili ancora in corso ha ottenuto qualcosa come 11 medaglie d’oro su 12 manifestazioni alle quali ha partecipato tra nazionali giovanili e seniores, femminili  e maschili, propone tra le righe delle interviste dei protagonisti una riflessione insolita.

Se questi successi non sono figli di una piccola rivoluzione culturale, non so quali lo possano essere. Perché siamo abituati, un po’ tutti, a credere che un allenatore oltre a conoscere il proprio sport meglio di tanti altri, debba essere anche un motivatore e sapere trasmettere ai propri giocatori la grinta necessaria per vincere.

Tutto giusto. Per anni ci sono stati offerti modelli di tecnici che perdevano la calma, che alzavano la voce, magari si facevano scappare anche una parolaccia o addirittura una bestemmia, tutto ovviamente mirato a far rendere meglio le squadre che allenavano, per carità.

Stavolta no. Stavolta Fefè De Giorgi ha vinto con una comunicazione tranquillissima, quasi dimessa, più da confessionale (quello delle chiese, non del Grande Fratello) che da ring. Ieri a Davide Mazzanti è scappato uno ‘zio cantante’ come massima espressione di agitazione: tra Reggio e Modena è una espressione abbastanza usata, Elio l’ha anche infilata in un pezzo (Supergiovane), agli spettatori è piaciuta talmente tanto che è diventata virale in pochi minuti sui social.

E anche gli altri allenatori, a quanto hanno raccontato i ragazzi, hanno seguito un profilo minimalista. Mi ha raccontato Alessandro Bovolenta, figlio di Vigor, che con Velasco ha parlato molto durante questa estate, quanto importante sia stato il lavoro fatto dalla squadra under 20 campione d’Europa con una psicologa. “Ci hanno insegnato come affrontare le sconfitte e le vittorie“. Una volta, questa parte del lavoro emotivo veniva lasciata al campo: si buttavano i ragazzi in acqua, e che si arrangiassero per imparare a nuotare. Sopravviveva, sportivamente parlando, chi dimostrava di meritarselo.

I ragazzi di oggi però non sono quelli di una volta o della nostra generazione, così come noi non eravamo come i ragazzi delle generazioni precedenti. Il mondo è diverso, è ovvio che siano diversi anche loro. E non avrebbe senso continuare con gli stessi metodi. Non lo si fa neanche con gli allenamenti, per dire. Il mondo va avanti.

Da genitore di un adolescente, osservo con particolare attenzione il modo in cui questi allenatori, che dai loro predecessori del passato mi sembrano aver capito la lezione più importante (essere anche educatori, non solo tecnici) hanno saputo ottenere il massimo dai ragazzi che hanno a disposizione. E segnalo che molte delle interviste fatte da Velasco sul tema dimostrano che Julio invece che pontificare e vivere sugli allori passati, da direttore tecnico delle nostre giovanili sta mostrando una freschezza nell’approccio che nasce dalla sua curiosità infinita, il motore del cervello. Ha fatto da poco i 70 anni, ma è più giovane di tanti trentenni.

Detto questo, forse anche lui ricorderà lo spot della Euchessina, ‘Con la dolcezza si ottiene tutto’. Quello era un purgante per bambini, ma il concetto rimane valido anche ora: non abbiamo più allenatori che fanno discorsi alla Braveheart, o alla Aragorn nel Signore degli Anelli, o alla Al Pacino, o alla Rocky Balboa.

Adesso sussuranno consigli. E i ragazzi ascoltano, e vincono.