Eluana, il diritto di morire a casa

ELUANA Englaro aveva il diritto di morire in Lombardia. La sua vicenda aveva coinvolto, turbato, impegnato le nostre coscienze. Il dopo Eluana, a più di cinque anni dallla sua morte, nella casa di riposo «La Quiete» di Udine, non è finito. Al contrario, è come un’onda lunga che non finisce di lambire la spiaggia del […]

ELUANA Englaro aveva il diritto di morire in Lombardia. La sua vicenda aveva coinvolto, turbato, impegnato le nostre coscienze. Il dopo Eluana, a più di cinque anni dallla sua morte, nella casa di riposo «La Quiete» di Udine, non è finito. Al contrario, è come un’onda lunga che non finisce di lambire la spiaggia del nostro quieto vivere. Una sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito il diritto che Eluana avrebbe avuto di terminare entro i confini lombardi, nella sua stanza nella casa di cura «Beato Luigi Talamoni» di Lecco, il viaggio nella notte profonda dello stato vegetativo durato quasi diciotto anni. La Cassazione aveva autorizzato la sospensione del trattamento terapeutico e del sondino nasograstrico. Si oppose un decreto voluto dal governatore Roberto Formigoni che vietò, su tutto il territorio regionale, l’interruzione delle terapie che assicuravano la vita biologica di Eluana. Per il Consiglio di Stato una decisione illegittima.

Non finirà qui. La famiglia Englaro aprirà il capitolo del risarcimento danni. E del caso Eluana si riparlerà, forse anche aspramente, sempre dolorosamente. Come è dolorosa la nuova vittoria di Beppino Englaro. Dice il padre di Eluana: «La sentenza del Consiglio di Stato precisa uno dei diritti fondamentali di una persona: quello di decidere di morire. L’autonomia individuale sta nel volersi curare o nel rinunciare alle cure. Non si può essere, obbligati, condannati a vivere». 

gabriele.moroni@ilgiorno.net