Lucrezio e l’inno a Venere

VEDI I VIDEO L'”Inno a Venere” in italiano (da 4:36) , L'”Inno a Venere” in lingua originale, con lettura metrica , L'”Inno a Venere” poesia in video , Lucrezio, poeta del piacere e del tormento, con altri versi dal “De rerum natura” Firenze, 8 novembre 2016 Inno a Venere Madre degli Eneadi, voluttà degli uomini […]

VEDI I VIDEO L'”Inno a Venere” in italiano (da 4:36) , L'”Inno a Venere” in lingua originale, con lettura metrica , L'”Inno a Venere” poesia in video , Lucrezio, poeta del piacere e del tormento, con altri versi dal “De rerum natura”

Firenze, 8 novembre 2016

Inno a Venere

Madre degli Eneadi, voluttà degli uomini e degli dèi,

alma Venere, che sotto gli astri vaganti del cielo

popoli il mare solcato da navi e la terra feconda

di frutti, poichè per tuo mezzo ogni specie vivente si forma,

e una volta sbocciata può vedere la luce del sole:

te, o dea, te fuggono i venti, te e il tuo primo apparire

le nubi del cielo, per te la terra industriosa

suscita i fiori soavi, per te ridono le distese del mare,

e il cielo placato risplende di luce diffusa.

Non appena si svela il volto primaverile dei giorni,

e libero prende vigore il soffio del fecondo Zefiro,

per primi gli uccelli dell’aria annunziano te, nostra dea,

e il tuo arrivo, turbati i cuori dalla tua forza vitale.

Poi anche le fiere e gli armenti balzano per i prati in rigoglio,

e guadano i rapidi fiumi: così, prigioniero al tuo incanto,

ognuno ti segue ansioso dovunque tu voglia condurlo.

E infine per mari e sui monti e nei corsi impetuosi dei fiumi,

nelle frondose dimore degli uccelli, nelle verdi pianure,

a tutti infondendo in petto la dolcezza dell’amore,

fai sì che nel desiderio propaghino le generazioni secondo le stirpi.

Poichè tu solamente governi la natura delle cose,

e nulla senza di te può sorgere alle divine ragioni della luce,

nulla senza te prodursi di lieto e di amabile,

desidero di averti compagna nello scrivere i versi

che intendo comporre sulla natura di tutte le cose,

per la prole di Memmio diletta, che sempre tu, o dea,

volesti eccellesse di tutti i pregi adornata.

Tanto più concedi, o dea, eterna grazia ai miei detti.

E fa’ che intanto le feroci opere della guerra

per tutti i mari e le terre riposino sopite.

Infatti tu sola puoi gratificare i mortali con una tranquilla pace,

poichè le crudeli azioni guerresche governa Marte

possente in armi, che spesso rovescia il capo nel tuo grembo,

vinto dall’eterna ferita d’amore,

e così mirandoti con il tornito collo reclino,

in te, o dea, sazia anelante d’amore gli avidi occhi,

e alla tua bocca è sospeso il respiro del dio supino.

Quando egli, o divina, riposa sul tuo corpo santo,

riversandoti su di lui effondi dalle labbra soavi parole,

e chiedi, o gloriosa, una placida pace per i Romani.

Poichè io non posso compiere la mia opera in un’epoca

avversa alla patria, nè l’illustre stirpe di Memmio

può mancare in tale discrimine alla salvezza comune.

Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,

alma Venus, caeli subter labentia signa

quae mare navigerum, quae terras frugiferentis

concelebras, per te quoniam genus omne animantum

concipitur vitisque, exortum, lumina solis,

te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli,

adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus

summittit flores, tibi redent aequora ponti

placantumque nitet diffuso lumine caelum.

Nam simul ac species patefactast verna diei

et reserata viget genitabilis aura Favoni,

aeriae primum volucris te, diva, tuumque

significant initum, perculsae corda tua vi.

Inde ferae pecudes persultant pabula laeta

et rapidos tranant amnis: ita capta lepore

te sequitur cupide, quo quamque inducere pergis.

Denique per maria ac montis fluviosque rapacis

frondiferasque domos avium composque virentis,

omnibus incutiens blandum per pectora amorem,

efficis ut cupide generatim saecla propagent.

Quae quoniam rerum naturam sola gubernas,

nec sine te quicquam dias in luminis oras

exoritur, neque fit laetum neque amabile quicquam,

te sociam studeo scribendi versibus esse,

quos ego de rerum natura pangere conor

Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni

omnibus ornatum voluisti excellere rebus.

Quo magis aeternum da dictis, diva, leporem.

Effice ut interea fera moenera militiai

per maria ac terras omnis sopita quiescant.

Nam tu sola potes tranquilla pace iuvare

mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors

armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se

reiicit, aeterno devictus vulnere amoris,

atque – ita suspiciens tereti cervice reposta –

pascit amore avidos inhians in te, dea, visus,

eque tuo pendet resupini spiritus ore.

Hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto

circum fusa saper, suavis ex ore loquellas

nec sine te quicquam dias in luminis oras

exoritur, neque fit laetum neque amabile quicquam,

te sociam studeo scribendi versibus esse,

quos ego de rerum natura pangere conor

Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni

omnibus ornatum voluisti excellere rebus.

Quo magis aeternum da dictis, diva, leporem.

Effice ut interea fera moenera militiai

per maria ac terras omnis sopita quiescant.

Nam tu sola potes tranquilla pace iuvare

mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors

armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se

reiicit, aeterno devictus vulnere amoris,

atque – ita suspiciens tereti cervice reposta –

pascit amore avidos inhians in te, dea, visus,

eque tuo pendet resupini spiritus ore.

Hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto

circum fusa saper, suavis ex ore loquellas

funde, petens placidam Romanis, incluta pacem!

Nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo

possum aequo animo, nec Memmi clara propago

talibus in rebus communi desse saluti.

Tito Lucrezio Caro

(da De rerum natura)

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