Covid, positivi primi giorni della Fase 2

È positivo il bilancio dei primi dieci giorni della Fase 2. Ci sono sempre meno ricoveri, sia nelle terapie intensive che in generale per il Covid-19, e continua ad aumentare il numero delle persone guarite e dimesse dagli ospedali, che ora sono in totale 115.288. Non solo. In alcune aree si registrano zero contagi, come […]

È positivo il bilancio dei primi dieci giorni della Fase 2. Ci sono sempre meno ricoveri, sia nelle terapie intensive che in generale per il Covid-19, e continua ad aumentare il numero delle persone guarite e dimesse dagli ospedali, che ora sono in totale 115.288. Non solo. In alcune aree si registrano zero contagi, come accade in Basilicata e in Sardegna. A evidenziarlo, oltre ai bollettini quotidiani della Protezione civile, anche il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe che, nel periodo 7-13 maggio, ha registrato un alleggerimento delle terapie intensive e di altri reparti di degenza, un rallentamento di contagi e decessi. In sintesi: casi totali: +7.647 (+3,6%), decessi: +1.422 (+4,8%), ricoverati con sintomi: -3.597 (-22,8%), terapia intensiva: -440 (-33,0%). Anche se il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, resta prudente: «Gli effetti dell’allentamento del lockdown del 4 maggio scorso potranno essere misurati con precisione solo dalla prossima settimana». Un andamento positivo che trova conferma anche in un altro dato diffuso ieri: i nuovi casi positivi sono 992 a fronte di 53.876 tamponi (2.753.628 complessivi), mentre i decessi sono stati 262.

Luca Richeldi, presidente della Società italiana di pneumologia, componente del Comitato tecnico-scientifico del ministero sul Coronavirus, giudica questi dati incoraggianti: in particolare il rapporto tra nuovi positivi e tamponi effettuati è all’1,4%, il più basso dall’inizio dell’emergenza: ogni 70 esami solo 1 è positivo. «Questo dice – spiega l’esperto – che più casi andiamo a cercare, meno ne troviamo, in proporzione». Ora, però, non dobbiamo avere fretta, sostiene il professor Richeldi, perché anticipando troppo le riaperture e la mobilità interregionale ci potremmo giocare una partenza sicura a ridosso dell’estate. I dati, però, lasciano ben sperare.

«Se da un lato questi numeri alimentano l’ottimismo – osserva, ancora, da parte sua Nino Cartabellotta – dall’altro bisogna essere consapevoli che l’epidemia è ancora attiva, quindi prudenza nell’anticipare le riaperture. In Italia si stimano 3-4 milioni di persone contagiate, e tra queste ci sono i soggetti asintomatici». Permangono criticità dovute all’assenza di una strategia di sistema sugli approvvigionamenti di mascherine, e sui reagenti per i tamponi, fino alle autonome interpretazioni regionali su test diagnostici e trattamenti.

La gestione sanitaria della fase 2 resta saldamente nelle mani delle regioni. «Abbiamo l’esigenza di ridurre il distanziamento sociale, mantenendo il distanziamento fisico, salvaguardando la qualità delle cure in ospedale e in ambulatorio – ha dichiarato Valentina Solfrini, Area farmaci e dispositivi della Regione Emilia-Romagna, in occasione del webinar promosso da Officina Motore Sanità – la scommessa sarà anche quella di identificare precocemente eventuali portatori sani in tutte le attività».

Comunque andiamo a interpretare le curve, resta il fatto che la Fase 2 per ora tiene. La conferma viene anche dall’ osservatorio di Fondazione Hume, che ha registrato un significativo calo della «temperatura dell’epidemia» di Covid-19. Questo indicatore si ricava, in particolare, analizzando tre variabili: nuovi contagi in calo costante, idem le nuove ospedalizzazioni e i decessi giornalieri. Va bene dunque tenere alta la guardia, ma è innegabile che le misure hanno raggiunto lo scopo.

Un cenno, per chiudere, sulla terapia al plasma. Molti sostenitori di questa metodologia sostengono che qualcuno ne stia bloccando l’adozione su larga scala perché mosso da altri interessi, mentre diversi autori ne hanno messo in dubbio addirittura l’efficacia. «La cosa che mi meraviglia è questo iniziale accanimento contro l’utilizzo del plasma iperimmune da parte di molti scienziati, che hanno detto delle grandi baggianate», ha attaccato Giuseppe De Donno, direttore della struttura complessa di pneumologia e unità di terapia intensiva respiratoria dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova. Ma sull’efficacia, altri esperti hanno qualche riserva. «In diversi casi sui malati che sono refrattari a qualsiasi terapia il plasma ha effetto, il problema – spiega Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università e azienda ospedaliera di Padova – è che la maggior parte delle persone infette che guariscono non produce anticorpi in quantità sufficienti, quindi su centinaio di sacche, di idonee ce ne saranno 5 o 6». Anche il virologo Roberto Burioni è tornato sull’argomento: «Nuovi dati (ripeto dati) pubblicati sul plasma da donatori iperimmuni. Sicuro, ma l’efficacia è ancora da dimostrare».