Coronavirus, l’infettivologo: “Gli italiani ora sviluppano anticorpi”

Professor Bassetti, uno studio dell’Imperial College di Londra sul Coronavirus stima che 6 milioni di Italiani siano già infetti, sessanta volte il numero ufficiale, e tanti di questi non lo sanno. Chi l’avrebbe detto? “Mi pare che arriviamo a dimostrare quello che già avevo anticipato, cioè che l’infezione è molto contagiosa – afferma Matteo Bassetti, […]

Professor Bassetti, uno studio dell’Imperial College di Londra sul Coronavirus stima che 6 milioni di Italiani siano già infetti, sessanta volte il numero ufficiale, e tanti di questi non lo sanno. Chi l’avrebbe detto?

“Mi pare che arriviamo a dimostrare quello che già avevo anticipato, cioè che l’infezione è molto contagiosa – afferma Matteo Bassetti, presidente della Società Italiana di Terapia Antinfettiva (SITA) – ma occorre ridimensionare certe proiezioni catastrofiche che sono state fatte per quanto riguarda l’indice di letalità”.

Salirebbe così al 10% la percentuale della popolazione italiana colpita, tra cui tantissime persone che hanno contratto una forma lieve, al punto da scambiarla per influenza.

“Nessuno deve però banalizzare gli effetti di una malattia che sta provocando danni importanti, con migliaia di morti, che ci riporta alla mente le altre grandi pandemie del passato. Una stima dell’Istituto Einaudi va oltre il modello matematico dell’Imperial College di Londra, ipotizza che dieci milioni di italiani siano entrati in contatto con il virus”.

Sono le persone asintomatiche, si dice, a ingrossare le fila: è un bene o un male?

“Avere un mare magnum di soggetti con pochi sintomi, o con una sindrome poco aggressiva scambiata per altro, equivale ad avere più gente che ha reagito con le difese naturali. Gli anticorpi resisteranno a una eventuale seconda o terza ondata del virus. Questo vuol dire aver sviluppato le IgG, come sottoporsi a una vaccinazione naturale, come succedeva negli anni ’70 quando ancora si prendevano la varicella, il morbillo e la rosolia. Oggi per fortuna, per quelle, abbiamo le vaccinazioni”.

Abbiamo notizia che in alcune regioni ci sono tanti casi sospetti Covid-19 con sintomi lievi a casa, trattati con antimalarici prescritti al telefono, ma senza tamponi o monitoraggio domiciliare, cosa ne pensa?

“I pazienti vanno visitati, vanno seguiti, anche se l’Ordine dei Medici ha prodotto una circolare sul Coronavirus nella quale raccomanda di ricorrere alla telemedicina per valutare meglio l’evoluzione in remoto. L’Aifa ha esteso ai medici di medicina generale la facoltà di prescrivere idrossiclorochina, questi farmaci sono tracciabili, quindi volendo, i governatori sanno quante persone sono in terapia nelle loro residenze, quante sono state notificate alle autorità con diagnosi di sospetta malattia infettiva, e quante di queste hanno ottenuto il tampone”.

Che cosa è lecito auspicare?

“Occorre estendere ad ampie fasce della popolazione i test sierologici IgM e IgG per la Sars-CoV-2. Solo così potremo sapere quanti sono stati contagiati. Probabilmente milioni di persone sono già immuni al virus. Avremo così una mappatura, in modo da sapere quanti possono stare tranquilli di aver già superato l’infezione. Questo è quello che hanno già programmato altri paesi, come la Germania”.

Quali cambiamenti intravede nel lavoro quotidiano, nella clinica delle malattie infettive?

“Potrà sembrare paradossale, visto quel che succede ai vari livelli, ma l’epidemia sembra aver spazzato via altre patologie in pronto soccorso. Negli ospedali vediamo arrivare meno ictus, meno eventi cardiovascolari, meno germi resistenti, patologie che forse potranno riemergere più avanti. Una volta che sarà passato tutto, sarà necessario ripensare le politiche di prevenzione delle malattie infettive, una sorta di Piano Marshall, necessario dopo che per anni sono stati sottratti investimenti che hanno indebolito questo campo della medicina”.

Alessandro Malpelo

Intervista pubblicata su QN Quotidiano Nazionale

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