Spy story (ma non troppo)

Da qualche giorno mi arrovello. E una domanda scuote (ovviamente esagero) il mio non più giovane cervello: ma si tratta di un genio? È un abile affabulatore? È un furbo mestierante? Dopo attenta analisi dei miei sentimenti letterari, ho deciso: Andrea Ferrari, scrittore torinese che non conoscevo, è semplicemente bravo e ci offre una chicca […]

Da qualche giorno mi arrovello. E una domanda scuote (ovviamente esagero) il mio non più giovane cervello: ma si tratta di un genio? È un abile affabulatore? È un furbo mestierante?

Dopo attenta analisi dei miei sentimenti letterari, ho deciso: Andrea Ferrari, scrittore torinese che non conoscevo, è semplicemente bravo e ci offre una chicca narrativa che non dovete lasciarvi sfuggire.

Piccolo inciso: un lettore mi ha scritto una delicata lettera accusandomi, affettuosamente, di non stroncare mai nessuno. Vi dirò: lo faccio apposta. Perché mai dovrei proporvi brutte cose? La vita è breve e faticosa. Meglio affrontarla cercando bellezza, gratificazioni, cieli bleu, albe e tramonti assolati. Ci penserà il presente a deluderci o farci arrabbiare.

Filosofica premessa fatta, torniamo al dunque. Ferrari scrive per Bollati Boringhieri, casa editrice che fa dell’eleganza la sua cifra stilistica, un romanzo intitolato “L’agente segreto”, 126 pagine fresche e lievi, infarcite di mistero e di un pizzico di eros (ci sta sempre bene). Il titolo presuppone che il lettore si trovi di fronte a un romanzo di spionaggio.

Non è proprio così.

È molto di più.

Le pagine scorrono via – lo stile dell’autore è degno del Codice civile e chi vuol capire la citazione dotta ne faccia tesoro, se no pazienza – con leggerezza, soavemente. I capitoli sono brevi (infatti secondo me il libro non è un romanzo, bensì un racconto lungo, il che rende ancor più valida l’opera di Ferrari). I periodi secchi, mai si torna indietro perché non si è capito qualcosa.

La trama è semplice. Un agente segreto un po’ avanti con gli anni (sarà forse per quello che mi è piaciuto così tanto?) deve portare a compimento una missione all’apparenza facile facile: aspettare istruzioni dalla Direzione Generale dei servizi in un piccolo albergo della costa. Dove? Francamente non l’ho capito, i riferimenti sono volutamente vaghi. Oppure, essendo anche io di mezza età, i luoghi sono espliciti e non ho capito un tubo. Ma non è questo l’importante perché, a fronte di un uomo che si muove nel mezzo di una divertente eppur strana umanità (dalla signora del negozio di biancheria alla giovanissima Fiorile, alla sexy, a modo suo, proprietaria dell’albergo Delphine al proprietario della pompa di benzina), quello che conta davvero è il finale. Non ve lo rivelo, sia chiaro. Però vi avverto che, da solo, vale tutto il romanzo.

Solo un’avvertenza: attenti ai ricordi dell’agente segreto, specie se riguardano il padre di lui. Che si occupa di libri. E ricordate di ringraziarmi se seguirete il mio consiglio. Un romanzo superbo. No, mi sbaglio. Un racconto superbo. E il racconto, ricordatelo sempre, è la più sublime forma di letteratura…