Lia Levi, prova magistrale

  “Ognuno accanto alla sua notte”. Mai titolo fu così azzeccato. Centrato. Disperato. Tre voci narranti: Doriana, Gisella, Saul. Più una quarta, Fiammetta. Fiammetta, che riassume e completa. Che ci fa sapere che cosa è successo ‘dopo’. Fiammetta, che spiega. Che chiarisce. Che cerca di accarezzare la memoria e il dolore. Lia Levi, scrittrice di […]

 

“Ognuno accanto alla sua notte”. Mai titolo fu così azzeccato. Centrato. Disperato. Tre voci narranti: Doriana, Gisella, Saul. Più una quarta, Fiammetta. Fiammetta, che riassume e completa. Che ci fa sapere che cosa è successo ‘dopo’. Fiammetta, che spiega. Che chiarisce. Che cerca di accarezzare la memoria e il dolore.

Lia Levi, scrittrice di rara finezza, ci regala una chicca narrativa per le edizioni e/o che mai smetterò, specie per la collana “dal mondo”, di lodare. Un romanzo a più voci narra delle persecuzioni degli ebrei da parte del mostro nazista nella Roma della guerra, nella Roma del Ghetto, nella Roma dei massacri perpetrati, con la complicità delle autorità italiane, ai danni di una comunità antica. Un massacro portato avanti con la violenza e l’inganno. Un massacro che nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe potuto immaginare tanta la crudeltà e l’orrore.

Ed ecco quindi Giulio, commediografo e scrittore costretto a servirsi di un prestanome per raccontare le sue storie. Giulio, l’antifascista militante attivo di Giustizia e libertà che aiuta un gruppo di giovani a capire perché l’Europa, la vecchia e saggia Europa, abbia potuto generare un mostro come il nazifascismo. Piccole resistenze, volantini nelle buche delle lettere, passaparola per far comprendere che i tedeschi non si accontenteranno solo di beni materiali, ma vorranno carne umana da mandare nei campi di concentramento. Giulio, che ha una moglie malata che deve andare a respirare aria migliore in Abruzzo. Giulio, che deve rimanere a Roma per combattere la sua battaglia culturale e politica. Giulio che un giorno apre la porta…

Ed ecco l’amore tra Colomba e Ferruccio. Un amore triste e felice come può essere l’amore ai tempi della guerra. Un amore difficile: lei è ebrea, lui è figlio di un ringhioso e fanatico ras in camicia nera. Ma Ferruccio, no. Non è fascista e aiuta il prossimo. Lo aiuta a nascondersi nelle viscere della Città Eterna.

Ed ecco Graziano, che fa del padre, potente (ex potente) esponente della Comunità ebraica capitolina, un inadeguato protagonista. Graziano, che segue Giulio, l’intellettuale impegnato. Graziano, che non va verso la salvezza scappando con la sua famiglia da Roma, viene rinchiuso in un campo di concentramento. Il padre, che lui considerava inadeguato, se non imbelle, gli è voluto rimanere accanto. Con conseguenze che non rivelo. Sappiate solo che, finita la guerra, il senso di colpa di Graziano sarà devastante.

Tre storie intrecciate fra loro e unite dal racconto di Fiammetta. Tre storie da leggere per imparare (amaramente). Un romanzo davvero ben fatto, ben costruito che insegna più di mille saggi. Ma forse non si tratta di ‘costruzione’, bensì di un manifesto che dimostra come il sonno della ragione sia sempre in agguato.

Brava Lia Levi, bravissima.

Ps Pennellate di Roma stupende. Bastino poche parole: “Colomba ha attraversato il ponte. La stagione dei grandi mattini è già finita, ma il sole è ancora indulgente”. Roma è così. Anche se è teatro di un’immane tragedia.