Fantasmi

Sì, sì. Fate pure gli spiritosi. Magari uscitevene con una di quelle frasi brillanti del tipo “Io non ho paura dei morti, ma solamente dei vivi”. Fatelo. Però, state attenti a non passare in edicola dopo il tramonto. Perché, quando avrete comprato (a 5,90 euri più il costo del nostro giornale) “Storie di fantasmi” di […]

Sì, sì. Fate pure gli spiritosi. Magari uscitevene con una di quelle frasi brillanti del tipo “Io non ho paura dei morti, ma solamente dei vivi”. Fatelo. Però, state attenti a non passare in edicola dopo il tramonto. Perché, quando avrete comprato (a 5,90 euri più il costo del nostro giornale) “Storie di fantasmi” di Lord Halifax, al secolo Charles Lindley Wood (1839-1934), vi pentirete di aver scherzato col sovrannaturale. Strane presenze potrebbero appalesarsi, magari mentre sedete in poltrona, soli in casa, e la luce è andata via per un guasto. Oppure, mentre siete a letto e non riuscite a prender sonno e sentite dei passi al piano di sopra dove c’è un appartamento disabitato da decenni… Se poi vivete all’ultimo piano, beh non vorremmo essere nei vostri panni. Un po’ come i figli di Lord Halifax, cui il Nostro leggeva le storie dei fantasmi da lui stesso meticolosamente raccolte. Il gentiluomo inglese (tutt’altro che uno sprovveduto: esponente di spicco dell’anglocattolicesimo inglese, promosse il dialogo tra Chiesa anglicana e cattolica con un certo successo) usava narrare queste storie “di paura” prima della buonanotte. Talché – e vi sfidiamo a non aver provato almeno una volta nella vita tale sensazione – “noi bambini percorrevamo di gran carriera la distanza tra la biblioteca e le nostre stanze, perché consideravamo tale tragitto, fiocamente illuminato da lampade a olio e pullulante di ombre, una zona pericolosa dove non sarebbe stato piacevole trovarsi da soli”. Brividi, brividi di paura. Eppure, il nostro Halifax pensava, incurante delle proteste della moglie, che queste storie avessero un forte valore pedagogico.

A esempio, raccontava di un suo amico che era andato a riposarsi in una località di mare. Bella. Fresca. Rilassante. Ma era successa una cosa strana. Un gatto – a lui, che i gatti li detestava! – gli si era affezionato morbosamente. Gli saltava al collo nel vero senso della parola. Finché una mattina, in preda a una stanchezza tremenda, si era svegliato e aveva notato come il gatto avesse dormito sotto il suo collo. Il problema è che entrambi erano immersi in una pozza si sangue. Quel gatto era di una specie particolare: un gatto vampiro…

E poi, ecco Mr Harris di Hayne. Nella sua abitazione si verificò un disdicevole e al contempo inquietante episodio. Rubata l’argenteria e scomparso il paggio al suo servizio. Cerca e ricerca il ragazzo, ma non si trova e degli argenti manco l’ombra. Finché una notte Mr Harris si sveglia. E, ai piedi del letto, vede il paggio. “Non è possibile”. Si riaddormenta. La scena si ripete la notte successiva e quella dopo ancora. Alla terza volta, Mr Harris prende coraggio e si alza. Il paggio, o quel che è, lo invita a seguirlo. Arrivano nel bosco. Il ragazzo gli indica un albero. Harris decide di buttare giù la pianta e… il resto ve lo leggete (se avrete il coraggio). Perché i “passi lenti e strascicanti” inspiegabili sono tanti e molto, molto inquietanti. Magari, chissà, saranno di un ometto piccolo e curvo che faceva l’arpista. Però, in questo caso, siate guardinghi ma sereni: chi dorme in quella che è stata la sua stanza, se è stato ammalato, guarirà.

Dunque, poche chiacchiere: questo libro edito dai bolognesi di Odoya (cui va il ringraziamento del recensore per la cura del volume e per aver riproposto un classico ormai introvabile) va letto. Così, per gustare un piacere. Il piacere di aver paura…

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