Afflato piemontese

Nelle librerie, discreta e bellissima nella sua eleganza, fa mostra di sé una collana cult della palermitana Sellerio: “Il divano”. Copertine accuratissime e piacevoli da accarezzare. Corpi e caratteri chiari. Formato atto a entrare financo in una tasca dei pantaloni. Immagini di copertina raffinate e significative. Soprattutto, titoli di autori di sicuro spessore: da “Honorine” […]

Nelle librerie, discreta e bellissima nella sua eleganza, fa mostra di sé una collana cult della palermitana Sellerio: “Il divano”. Copertine accuratissime e piacevoli da accarezzare. Corpi e caratteri chiari. Formato atto a entrare financo in una tasca dei pantaloni. Immagini di copertina raffinate e significative. Soprattutto, titoli di autori di sicuro spessore: da “Honorine” di Balzac a “Il copista come autore” di Luciano Canfora a “Un altro Proust” del grande Giacomo Debenedetti a “Sicilia mia” di Cesare Brandi. E a lungo assai potrei continuare. L’ultima chicca, “Felici di crescere” (13 euro), è di Lorenzo Mondo. Ora, per chi come me è abituato a frequentare la letteratura contemporanea nelle sue varie declinazioni, Mondo è cognome che incute timore e rispetto. Lorenzo, infatti racchiude in sé tutto quello che parecchi di noi hanno sognato di essere: critici della letteratura, scrittori e giornalisti al tempo stesso. Il maestro, perché di questo si tratta, autore, tra l’altro di una biografia di Cesare Pavese che ha pochissimi eguali, ha da poco compiuto 89 anni, è torinese doc e si cimenta in un romanzo breve di sicuro impatto che riassume tutti gli amori culturali della sua vita: il Piemonte, i suoi paesaggi, la storia contemporanea, gli afflati narrativi alla Fenoglio e, appunto, alla Pavese. E lo fa con grazia e stile.

“Felici di crescere” è romanzo di formazione. Guido, giovanissimo, diventa adulto (forse anche precocemente) negli anni terribili della guerra partigiana e dei massacri dei nazifascisti. Sullo sfondo, in realtà vero protagonista, il Piemonte. E qui mettiamo subito un punto fermo: Mondo è un paesaggista letterario. Una pagina a caso: “Una morbida ondulazione di colline dove i vigneti cedevano il passo alle zone prative, alle residue macchie di bosco, piegandosi all’uniforme patina verdeggiante. Che gli parve sposarsi ed esaltarsi con il limpido azzurro del cielo”. Frase retorica e abusata quanto volete, ma davvero sembra di stare là, in quel Piemonte martoriato dalla guerra eppur di intatta bellezza degli anni Quaranta.

Guido cresce tra qualche ristrettezza economica (impareggiabile la descrizione, nella prima parte, della vita in collegio tra minestre-brodaglie e preti unti) e il ritorno a casa, tra i suoi affetti. Affetti che porteranno Guido alla presa di coscienza del valore della lotta di Liberazione, dell’importanza di sapersi schierare dalla parte giusta, dalla parte della Resistenza. Una Resistenza, lo scrivo subito per evitare che qualche buontempone cominci a blaterare di “comunisti” e “comunismo”, portata avanti da combattenti con il fazzoletto azzurro. Gli echi fenogliani si sentono tutti e si ammira la scrittura scarna, essenziale, che nulla concede alla retorica. Certo, l’amore non manca ed è, anche in questo caso, un amore di formazione. Guido corteggia e bacia, in un crescendo infinito di dolcezze adolescenziali, una ragazzina sicura e attraente, Chiara, allegra e con una gran voglia di vivere. Altro personaggio, almeno a mio parere, assai centrato è il Professore, uomo colto e sereno, che ama il bello e che, quindi, non può che essere antifascista. Infatti le Brigate Nere si accaniranno su di lui: la scena degli occhiali rotti è impareggiabile.

Insomma, un romanzo breve che è un incastro pittorico del magnifico Piemonte, delle sue campagne, delle sue paure e delle sue speranze. Un libro da leggere per capire come la distanza tra pubblico e privato sia lieve, uno strato di carta velina. E come, in fondo, la vita debba essere affrontata sempre con occhio critico e vigile, mai perdendo di vista che il tempo scorre. Non bisogna rimpiangerlo perché, in fondo, siamo tutti, appunto, felici di crescere. E di leggere opere così lievi e sostanziose. Letteratura di alta qualità, insomma, che sparge i suoi semi per fecondare la curiosità della conoscenza. Di cui, poche chiacchiere, non possiamo fare a meno. Pena il sonno della ragione. E di questi tempi…



Francesco Ghidetti