Nino, Dollaro, Jack, Riccio e Davide: ho visto il futuro della pallacanestro

“Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen”. Era il 22 maggio 1974 quando Jon Landau, con una visione quasi profetica, riscrisse la storia della musica, annunciando l’ingresso del Boss nel mondo della musica mondiale. Landau e Springsteen, ovviamente, o meglio, Springsteen e Landau sono la storia. L’altra sera, ai […]

“Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen”. Era il 22 maggio 1974 quando Jon Landau, con una visione quasi profetica, riscrisse la storia della musica, annunciando l’ingresso del Boss nel mondo della musica mondiale.

Landau e Springsteen, ovviamente, o meglio, Springsteen e Landau sono la storia. L’altra sera, ai Giardini Margherita, però, ho visto il futuro della pallacanestro. Una provocazione, un paradosso? No, una sensazione, perché in occasione della presentazione del volume di Minerva Edizioni “Playground Bologna a canestro sotto le stelle”, si sono succedute, una dopo l’altra, le voci di Nino Pellacani, Stefano Dall’Ara, Giacomo Zatti, Maurizio Ragazzi e Davide Lamma, in rigoroso ordine cronologico. Dal più maturo, Nino, al più imberbe, Davide. Cinque ragazzi, almeno i primi quattro, accomunati dal fatto di essere stati amici, compagni di squadra, rivali, avversari e protagonisti al campetto. Ovviamente si tratta di cinque ragazzi di una volta, perché quattro sono over 50 e uno over 40.

Però sentirli parlare di un piccolo-grande torneo, con quel trasporto, con quella passione ci lascia con una grande speranza dentro. La pallacanestro italiana – sono i risultati che ce lo dicono, basta guardare quello che accade in Eurolega, che è la massima competizione internazionale – è stata superata da altri movimenti. La passione di Nino e Maurizio, Stefano e Jack e Davide è qualcosa che ti prende e ti spinge a pensare che sotto la ceneri covi ancora qualcosa, che merita di essere riportato alla luce. Una serata parlando di canestri – e di un campetto che il 18 luglio sarà intitolato alla memoria di Gianni Cristofori – con l’apparente tono burbero e distaccato di Pellacani. Con l’estrosità di Zatti, con l’aplomb di Dall’Ara e con la filosofia di Ragazzi. Senza dimenticare la freschezza (essendo il più giovane) di Lamma. Segnali precisi: la passione e l’entusiasmo che ci avevano portato negli anni Ottanta a essere una Nazione guida (anche se non sempre vincente, perché all’epoca bisognava fare i conti con l’Urss e con una Jugoslavia non ancora smembrata) sono ancora lì. Magari i capelli sono imbiancati o sono più radi. Magari c’è qualche chilo in più (nemmeno tanti per la verità) ma ci sono soprattutto entusiasmo e passione, idee e voglia di fare. La pallacanestro italiana deve recuperare posizioni su posizioni a livello europeo. Ma una serata ai Giardini Margherita, parlando del Playground, ci lascia un certo senso di ottimismo. Già, abbiamo visto il futuro della pallacanestro. E i nomi sono quelli di Nino e Dollaro, Jack e Riccio per chiudere con Davide. Con la benedizione di Bruce Springsteen, possiamo guardare al futuro con fiducia.