New York, 26 aprile 2008 - L'artista americano di origine italiana Enrico Donati, ultimo grande pittore e scultore del Surrealismo, è morto nella sua casa di New York all'età di 99 anni.

 

Nel luglio scorso era rimasto coinvolto in un incidente stradale con il taxi sul quale viaggiava, riportando numerose fratture e ferite, ha detto David Oxman, un portavoce della famiglia, al «New York Times».

 

L'artista milanese, che conquistò la simpatia di Andrè Breton e divenne il complice delle stravaganze performative dada-surreali di Marcel Duchamp, era sopravvissuto al Surrealismo ed aveva attraversato diversi movimenti, compresi il Costruttivismo, l'Espressionismo astratto e lo Spazialismo. Le opere di Donati mostrano un'ispirazione incline a metaforizzare l'universo del reale inteso come pensiero che in continuo movimento tra l'inconscio e il conscio attinge alle teorie surrealiste.

 

L'avventura artistica di Donati nasce dalla sua passione per la musica e per l'arte indiana del nord America. Dopo avere ottenuto una laurea in Scienze economiche all'Università di Pavia, per appagare le ambizioni dei genitori, Donati, che fin da bambino aveva preso lezioni di musica, in realtà desiderava diventare un compositore. Nel 1934 all'età di 25 anni, parte per un viaggio di tre mesi in America, per scoprire l'arte indiana ed esquimese che aveva avuto modo di vedere al Museo delle scienze di Milano e al Trocadero di Parigi.

 

Di ritorno in Europa si stabilisce nella capitale francese e frequenta un gruppo ristretto di amici musicisti e compositori che abitavano nel quartiere di Montmartre. Decide allora di abbandonare la musica e di dedicarsi alla pittura studiando la storia dell'arte e interessandosi al movimento del Surrealismo.

 

Il critico Lionello Venturi visitando la prima esposizione di quadri di Enrico Donati, diede a quest'ultimo il numero di Andrè Breton incitandolo a mostrare le sue opere all'illustre teorico del Surrealismo. Donati entra così a fare parte del gruppo dei più giovani surrealisti tra cui Matta e Davide Hare, e formato da Yves Tanguy, Kurt Seligmann e Maria Martins, mentre fa amicizia con Marcel Duchamp.

 

Negli anni Quaranta Donati si trasferisce a New York e frequenta la New School for Social Research e la Art Students' League a New York. Di quel periodo si ricorda l'opera «St Elmòs Fire» del 1944, che raffigura forme organiche appartenenti alla vita acquatica. Nel 1947, Donati prende parte all'organizzazione dell'Esposizione Internazionale del Surrealismo tenutasi a Parigi e vi partecipa con un dipinto e due sculture. L'artista sviluppa uno stile calligrafico molto personale con il quale risponde alla crisi del Surrealismo, entrando in una fase più o meno «Costruttivista» e al contempo si associa al movimento dello Spazialismo di Lucio Fontana.

 

Interessato principalmente al discorso delle forme organiche negli anni Cinquanta Enrico Donati dà vita ad una serie di opere improntate sull'universo materico di Dubuffet. Quest'ultimo nel 1947 crea con Andrè Breton, Paulhan e Drouin la «Compagnie de l'art brut» per definire l'attività di «artisti loro malgrado», che realizzano opere senza presupposti estetici e unicamente sospinti da «pulsioni emotive» comunicando immediatamente, in modo sintetico, con lo spettatore.

 

Donati analizzando la superficie e la modulazione della composizione, mescola la materia pittorica a pigmenti polverosi. Questa fase culmina nell'opera «Moonscapes». Nel 1961, il Palais des Beaux-Arts di Bruxelles dedica una grande retrospettiva al movimento surrealista in cui vengono esposte opere di Donati. Tra il 1962 e il 1972, Donati ricopre la carica di insegnante e tiene delle Letture alla Yale University.

 

La filosofia del linguaggio artistico di Donati che attraverso l'arte primitiva indiana e nell'esplorazione del surreale potremmo dire «materico», lo porta ad approfondire, negli anni Sessanta, l'elemento del «fossile» conferendo maggiore attenzione al colore, tra cui spicca «Red Yellow Fossil» del 1964.